Altre 5 aziende agricole si sono dimesse in data odierna, mercoledì 22 dicembre, dal Consorzio per la Tutela dell’Asti docg: i Vignaioli di Santo Stefano Belbo (di cui fanno parte i Santi, i Fratelli Scavino e i Ceretto), Ca’ ed Gal di Boido Alessandro di Santo Stefano Belbo, Bocchino Giuseppe di Canelli, Cascina Barisel di Penna Franco di Canelli, Mario Domanda di Calosso.
Vanno ad aggiungersi alle quattro dimissioni di martedì 21 dicembre, allorché quattro importanti personaggi del mondo del Moscato (Giovanni Satragno di Loazzolo, presidente della Produttori; Paolo Saracco di Castiglion Tinella, presidente della Moscatellum; Roberto Sarotto, vinificatore e produttore di Moscato, sindaco di Neviglie; Ignazio Giovine dell’Armagia di Canelli) avevano presentato, scritte a mano, le dimissioni dal Consorzio per la Tutela dell’Asti.
Con le cinque odierne, le dimissioni dal Consorzio salgono a tredici, dopo quelle, di alcuni mesi fa, di Gancia, Martini Rossi, Cantina sociale di S. Stefano Belbo e Fontanafredda.
Sulle motivazioni delle dimissioni abbiamo sentito telefonicamente Paolo Saracco che ha sintetizzato: “In merito c’è un grave malessere. Saranno tanti gli altri che usciranno in questi giorni dal Consorzio, con una caduta a domino – C’è chi intende allargare la zona del moscato, aumentare la resa… E Noi non ci stiamo”.
“Sono state dimissioni sofferte – ci informa Roberto Sarotto – Io non mi riconosco nella politica del Consorzio che non è più quella di quando sono entrato a farne parte (1995). Sia come produttore che come sindaco non condivido la loro politica. Condividere le posizioni del Consorzio mi sembra un insuccesso della vita e dei valori storici del territorio. Il nostro Moscato è quello delle nostre belle colline, dove è nata la Resistenza, che, oggi come ieri, rappresenta un valore nel quale ci riconosciamo e che vogliamo portare avanti contro ogni sopruso”.
“I langaroli resistono – ci ha rilasciato dalla Francia, Giovanni Satragno – Hanno molta resistenza. Noi non è che ce l’abbiamo con il Consorzio. Vogliamo che cambi il vento a cominciare dall’attuale presidente”.
“Saremo in tanti – aggiunge Ignazio Giovine – Ci sono anche certi industriali, non agricoli, che la pensano come noi. A noi non va la politica che non prevede il dialogo e non tiene conto delle esigenze di lungo termine e così fra tre anni ci troveremo di fronte alle giacenze. Si sta ripetendo la stessa situazione di dieci anni fa. Se si parla di collaborazione e di filiera e quindi bisognerebbe essere leali e solidali. Fanno firmare le iscrizioni al Consorzio quando i viticoltori vanno ad incassare i soldi dagli industriali”.