Vocazioni: intervista a don Carlo Rampone, vice-rettore del seminario interdiocesano di Betania-Valmadonna

Rampone don CarloDon Carlo Rampone, astigiano,  vive la sua vocazione sacerdotale accanto ai giovani. E’  responsabile regionale  della pastorale giovanile di Piemonte e Valle d’Aosta oltre ad essere vice-rettore del seminario interdiocesano di Betania-Valmadonna che accoglie i seminaristi delle diocesi di Asti, Alessandria, Acqui, Casale e Tortona.

Don Rampone come si avvicinano oggi  i giovani alla vocazione? Le vocazioni nascono ancora, fortunatamente, in un clima di ordinario: in parrocchia, nell’oratorio, attraverso le proposte della pastorale giovanile diocesana. Oggi ci si sposta però più verso l’esperienziale, soprattutto  a livello di eventi globali. I giovani si avvicinano, quindi,  alla loro vocazione vivendo delle esperienze. Come la Giornata mondiale della Gioventù? Certo, la Gmg è una fonte di vocazione, dove il Signore semina.

Quest’anno poi si svolge in un paese, il Brasile, fortemente missionario. Da Piemonte e Valle d’Aosta saranno circa 500 i giovani che vi parteciperanno. Credo che avrà su di loro un forte impatto. Ma non solo Gmg… Penso alle proposte del Centro Giovanni Paolo II di Loreto. Quelle ad Assisi che sono molto incisive.  Aggiungerei il binario del volontariato, quindi della carità e del volontariato nella sofferenza.  Solo per citare alcune esperienze:  il Sermig, l’Unitalsi e Oftal. O gli interventi nelle zone terremotate. Esperienze anche molto concrete di carità e di missionarietà. 

C’è una tendenza nell’estate ad andare in  missione tramite le diocesi, molto anche con i salesiani. E’ questa una fonte di vocazione soprattutto per la  la fascia  di età tra i 20 e 35 anni. Una sorta di erasmus cattolico.

Come  è cambiato l’avvicinamento alla vocazione? E’ più variegato, anni fa era più legato al mondo di appartenenza. Ora è più itinerante, più aperto, occorre tenere conto del fatto multimediale, l’accesso ad una conoscenza che va al di là dell’approccio io-tu. Il giovane oggi ha maggiori offerte. Penso alla realtà dei movimenti come Rinnovamento dello Spirito, Comunione e  liberazione, i Neocatecumenali, l’associazionismo in genere….). Oggi, in sintesi, diventa una vocazione nella mondialità. Il Signore parla al cuore dei giovani attraverso questo loro aprirsi, viaggiare, vivere esperienze.  

Quanto sono pronti i seminari di oggi ad accogliere questa vocazione alla mondialità? Accolgono queste vocazioni come frutto dello Spirito e come arricchimento della comunità seminaristica. Il punto non è tanto plasmare totalmente il ragazzo in vista  di un presbiterato quanto far crescere le positività che il Signore ha seminato nel cuore del giovane attraverso questa vocazione scoperta nella mondialità. Il punto forte della formazione dei nuovi presbiteri in Italia è quella della carità pastorale che significa essere accanto alla gente. I seminari quindi non spengono questa vocazione alla mondialità, anzi aiutano a farla crescere anche in chi non ce l’ha. In seminario riscontriamo la problematica di un pericolo di allontanamento dalla gente.

Anche perché oggi essere sacerdoti non è facile, non è più un ruolo  riconosciuto da tutti, ma una figura tra tante e nel mondo giovanile non si impone più automaticamente, ma deve proporsi con tanta forza di volontà e impegno. Viviamo un tempo in cui la comunicazione pare senza  confini, come si attrezzano i seminari? Con la nuova frontiera di studi, soprattutto nel triennio teologico la frontiera pastorale offre multiculturalità e web. Unire le due dinamiche, pensare la pastorale rispetto al web alla comunicazione e alla multiculturalità è la nuova frontiera, l’impegno della  formazione teologica dei nostri seminari. Non solo la pratica, i ragazzi arrivano sapendo tutto dal punto di vista tecnologico, ma manca loro  l’approccio teologico come annunciare Gesù alla realtà di oggi.  Un’educazione cristiana alla comunicazione, ma anche una multiculturalità. Nei seminari da alcuni anni è stato introdotto lo studio delle lingue straniere un tempo erano solo l’ebraico, il greco.

Attenzione che si vuole tenere per aiutare il ragazzo ad evangelizzare il web. Un  aspetto che è anche un punto su cui insiste la nota  Cei sugli oratori “Il laboratorio dei talenti” . (a cura di AGD – Chiara Genisio)

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