Convegno “L’inchiesta su Caporetto” nel centenario della I guerra mondiale

Il ciclo delle Giornate Culturali dell’Acqui Storia si apre con il convegno “L’inchiesta su Caporetto. Dal ripiegamento sul Piave alla Vittoria” venerdì 21 marzo alle ore 18 nella Sala Conferenze di Palazzo Robellini, Piazza Levi 5, ad Acqui Terme, in occasione della presentazione del libro–inchiesta a cura dell’Ufficio Storico dell’Esercito.

Rientra nel Programma ufficiale delle commemorazioni nazionali realizzate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è stato organizzato per la commemorazione del centenario della prima guerra mondiale, nell’ambito delle iniziative per la 47° edizione del Premio Acqui Storia, con la collaborazione del Centro Europeo Giovanni Giolitti, dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito e del Centro Studi Urbano Rattazzi, realizzato con il prezioso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Introdurrà i lavori Carlo Sburlati, Responsabile Esecutivo del Premio Acqui Storia.

Le relazioni saranno tenute dal Col. Antonino Zarcone, Capo dell’Ufficio Storico dell’Esercito, e dal Prof. Aldo A. Mola, Vice Presidente Vicario della Sezione storico-scientifica del Premio Acqui Storia. “Caporetto” suona lugubre. E’ un grano del rosario sui “disastri militari”: Novara nel 1849, Custoza e Lissa nel 1866, Adua nel 1896, Sciara-Sciat nel 1911… sino all’8 settembre 1943. Fa parte della leggenda negativa sulla Nuova Italia: da un canto le “tare originarie” dello Stato, dall’altro l’incapacità degli italiani di battersi. Il “mito” di Caporetto fu ingigantito dall’ Inchiesta, insabbiata dalla prima edizione (1919),
introvabile nelle biblioteche più fornite e mai ripubblicata sino a ora.

Ma che cosa davvero avvenne a “Caporetto”? Il 24 ottobre 1917 gli austro-germanici, con le mani libere a est per la rivoluzione in corso in Russia, sfondarono il fronte della Seconda Armata italiana sull’Alto Isonzo. Fu una “sorpresa strategica”. Capìta tardivamente la dimensione della rotta, il Comandante Supremo, Luigi Cadorna, ordinò l’arretramento generale al Tagliamento e poi la difesa a oltranza sulla destra del Piave: manovra dolorosa ma necessaria, eseguita in due settimane. In primo tempo caotica, la ritirata divenne
tenace battaglia d’arresto. Come documenta Antonino Zarcone, Capo dell’ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, il nuovo comandante Supremo, Armando Diaz, organizzò la riscossa. L’Italia fece quasi tutto da sé. Si preparò a respingere la nuova offensiva nemica (battaglia del Solstizio, giugno 1918), ad attaccare e a vincere (Vittorio Veneto, 24 ottobre – 4 novembre 1918).

Però “Caporetto” continuò a pesare. Incalzato da chi pretendeva un’indagine parlamentare sulla “rotta” e mentre venivano insinuati persino complotti politici e tradimenti di generali, il governo, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, il 12 gennaio 1918 istituì la Commissione d’Inchiesta su Gli avvenimenti dall’Isonzo al Piave, poi divenuta indagine su Le cause e le responsabilità degli avvenimenti dall’Isonzo al Piave. Fra il 15 febbraio 1918 e il 25 giugno 1919 la Commissione tenne 241 sedute, raccolse una mole enorme di documenti, approntò la Relazione (scritta dal colonnello Fulvio Zugaro con la collaborazione di Efisio Marras e altri) e la consegnò al governo (24 luglio). Il 10 agosto ne comparve il vol. II, accolto come denuncia a tutto tondo della condotta dei vertici militari: Cadorna (bollato come egocentrico), Porro (un incapace), Capello (un “macellaio”), Badoglio, Cavaciocchi, Bongiovanni, Montuori… e molti altri alti ufficiali. La polemica divenne rovente e si intrecciò con quella sulla “vittoria mutilata”. In settembre la Relazione fu discussa alla Camera, ormai prossima allo scioglimento, mentre Gabriele d’Annunzio
capitanava la Marcia di Ronchi su Fiume. L’ Inchiesta escluse responsabilità del governo e cause politiche. Mise invece sotto accusa la catena

di comando, tacciata di aver alimentato il malcontento nell’Esercito e nel Paese con metodi vessatori (decimazioni, condanne a morte, ecc.), generando il collasso. La realtà, però, fu molto diversa, come documentano la memorialistica e studi scientifici.

La riedizione dell’Inchiesta – scrive nella prefazione Aldo A. Mola, membro della Giuria del Premio Acqui Storia – costituisce un’apertura di credito da parte dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito nei confronti degli studi storici e della pubblicistica nel centenario della grande Guerra. E’ un invito a misurarsi con la verità dei fatti e con le leggende che la deformarono.

Al termine della relazione Carlo Sburlati aprirà un dibattito fra il pubblico, i giornalisti presenti e gli autori. Le conclusioni della giornata di studi saranno svolte dal Col. Antonino Zarcone, Capo dell’Ufficio Storico dell’Esercito, e dal Prof. Aldo A. Mola.