Per la prima volta sei storici industriali canellesi del vino e dello spumante hanno raccontato le origini delle loro Case storiche e il loro rapporto con il mondo del vino e con Canelli, davanti a studenti delle scuole medie e superiori che hanno così avuto modo di ravvivare, in diretta, la storia e la cultura dello spumante italiano, nato a casa loro, più di 150 anni fa. Le confidenze di sei nonni imprenditori a 300 ragazzi che, con promettente attenzione e curiosità, hanno ascoltato e vivacemente applaudito per novanta minuti. La ripartenza per una nuova Canelli?
Sul palco del teatro Balbo, alle 10,30 di sabato 24 settembre, sono saliti Miranda Bocchino, Luigiterzo Bosca, Alberto Contratto, Roberto Coppo, Lorenzo Vallarino Gancia e Ottavio Riccadonna. Filippo Larganà, giornalista e blogger, ha stimolato il dibattito.
L’iniziativa è stata promossa dalla Comunità collinare “Tra Langa e Monferrato” (Giovanni Borriero, presidente) in collaborazione con l’Associazione culturale “Canelli domani” (presidente Renzo Vallarino Gancia).
Per Renzo Vallarino Gancia “Serve parlare di passato, ma senza crogiolarsene” e, con evidente riferimento al progetto Unesco: “Noi dobbiamo puntare lontano, come ha fatto mio bisnonno Carlo che, nel 1865, dal Moscato ha tirato fuori uno spumante. Un’idea nuova che, per emergere, ha dovuto superare molte difficoltà (una per tutte, le bottiglie che scoppiavano…)”.
Un’altra intuizione ebbe il nonno di Miranda Bocchino, quando, rientrato dall’Argentina, ebbe la lungimirante idea di far fermentare le vinacce di Moscato che, sistematicamente venivano gettate nel Belbo. Fu il primo esperimento di grappa con vinacce da Moscato, ineguagliabile per il suo gusto e profumo, tanto bene pubblicizzata dallo spot ‘Sempre più in alto’, di Mike Bongiorno dal Cervino, dove rischiò addirittura la vita.
Dalla sua visione della vita singolare per un industriale, Luigi Terzo Bosca (“la mia vita non può essere legata solo ai numeri e ai bilanci di un’azienda”) trasse lo stimolo per le sue innovative ‘trovate’ (da lui non citate), come il Canei e il Verdi e le numerose iniziative artistiche e culturali promosse dalla sua azienda.
Agli avi di Alberto Contratto, ‘magnin’ (fabbricavano paioli di rame) provenienti dalla Valle dell’Orco nel Canavese, spetta la grande abilità nell’essersi lasciati “contagiare dall’ambiente frizzante che si respirava a Canelli” e quindi a cambiare mestiere. Mitica l’idea del concorso con la ‘moneta d’ora’ (una sterlina di 4 grammi, una per cento bottiglie), nascosta sotto la gabbietta dello spumante ‘Bacco d’oro’.
Per Gianni Coppo e i suoi tre fratelli Piero, Paolo e Roberto, “nati in una botte”, fare vino è una “tradizione di famiglia”, frutto di una grande passione e amore così come accadde al nonno che, sposandosi una canellese, “venne a Canelli per amore”. Gianni ricorda che “allora, si produceva più Barbera che Moscato. Barbera che oggi non riusciamo a valorizzare come meriterebbe”.
Ottavio Riccadonna, di nobil casato, già proprietario di una ‘torre’ a Bologna, non ha difficoltà a spiegare come e perché la sua azienda sia stata ceduta: “Noi spendevamo il 6-7% nella comunicazione. Risibile! Con l’arrivo della grande distribuzione, le multinazionali hanno avuto buon gioco”.
In Casa Riccadonna non sono mai mancate le idee rivoluzionarie a cominciare dalla famosa ‘Torre vinaria’ (primo silos verticale), dall’invenzione del ‘President’, lo spumante di tutte le domeniche e non solo stagionale come l’Asti.
Tra le amministrazioni e i dipendenti Gancia e Riccadonna che si portavano al lavoro su marciapiedi diversi, c’era rivalità? “Si trattava solo di comodità – è la papale risposta di Riccadonna – Ci fu una sana rivalità.” e per Renzo Gancia: “Non bisogna mai confondere l’amicizia con la concorrenza”.