Si sono concluse le indagini preliminari per 14 soggetti segnalati per i reati di frode in commercio (art. 515 c.p.) e per violazioni tributarie (Legge n. 74/2000) indagati nell’ambito di un’inchiesta sulla commercializzazione dei tartufi che la Procura di Alba e il Nucleo Investigativo del Corpo Forestale di Asti conducono dal novembre del 2011. Le indagini hanno preso avvio da controlli di polizia amministrativa eseguiti alla Fiera Regionale del Tartufo di Asti e altre fiere locali dell’astigiano nell’autunno del 2011 nell’ambito dei controlli disposti dall’Ispettorato Generale con l’operazione Opson. Sono stati coinvolti nell’operazione reparti della Forestale di numerose regioni d’Italia.
Le ditte che commercializzano tartufi sottoposte a controllo, un centinaio circa, coprono infatti un territorio che si estende dalla provincia di Bolzano a quella di Matera, delle quali una trentina operanti nel territorio astigiano e albese. Sono state escusse come persone informate sui fatti più di 200 persone.
L’attività di indagine oltre che all’escussione delle persone ed all’acquisizione d’iniziativa di documentazione contabile fiscale si è anche rivolta agli accertamenti bancari e telefonici con l’acquisizione delle movimentazioni economiche di vari conti correnti e di dati dei tabulati telefonici e con le intercettazioni telefoniche ed altro. Contestualmente ad una perquisizione delegata dalla Procura per il reato 515 e 482 c.p. è stato effettuato il sequestro circa 13 chilogrammi di tartufi bianchi e neri e dagli stessi sono stati prelevati campioni per effettuare analisi atte a verificare l’eventuale presenza di tracce di radioattività e se il prodotto potesse risultare nocivo per la salute dei consumatori, analisi eseguite dall’ARPA di Ivrea. Le analisi hanno dato esito negativo.
Si è data esecuzione a n. 4 decreti di perquisizione che hanno riguardato un totale di 12 persone. Le segnalazioni dei commercianti di tartufi all’Autorità Giudiziaria per il reato di frode in commercio derivano dall’aver constatato che gli stessi avevano consegnato agli acquirenti tartufi di origine, provenienza e qualità diversa da quella dichiarata o pattuita. Gli indagati, infatti, garantivano agli acquirenti che si trattava di tartufo di origine piemontese, facendone pagare anche il relativo prezzo, mentre dalle indagini è emerso che la maggior parte del prodotto proviene da diverse Regioni d’Italia, principalmente dal centro-sud 75%, il 15% circa risulta di provenienza Croata, mentre soltanto un 10% è prodotto locale piemontese, configurando con tale condotta il reato di frode nell’esercizio del commercio, che nell’anno 2011 ha prodotto un giro di affari documentato pari a circa cinque milioni di euro.
Alla frode in commercio si aggiungono la vendita “in nero” di ingenti quantitativi di tartufi e la messa in atto di altri sistemi per evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, quali l’emissione di fatture per la vendita/acquisto di prodotto mai avvenuti. Di particolare rilievo è la costituzione nell’albese di 2 ditte fantasma strumentali alla commercializzazione di tartufo acquistato in nero in Croazia e ceduto a commercianti/ristoratori locali/piemontesi come tartufo con origine piemontese, fatturando in 4 anni circa duemilioni e mezzo di euro senza però risultare al fisco.
Nell’attività di indagine oltre alle violazioni penali rilevate innumerevoli sono state le sanzioni amministrative elevate che ammontano ad un importo di circa € 40.000 (oblate per il 90%) per diverse violazioni alla normativa sulla commercializzazione dei tartufi, Legge n. 752/85, alla normativa sull’uso delle bilance di pesatura D.Lgs n. 517/92 e alla normativa sulla tracciabilità del prodotto Reg. Ce 178/2002.