«E’ amaro constatare – si legge nel comunicato sul Moscato di Confagricoltura Asti – che il Natale abbia riacceso anche gli “appetiti” più qualunquisti e disfattisti, trascinando nella polvere un mondo, quello del Moscato, la cui produzione è l’unica che può vantare una continuità di reddito per i produttori, con una media di resa/ettaro tra le migliori degli ultimi 10 anni nel sistema agricolo italiano.
La conferma giunge da un dato eloquente: con le rese concordate, i produttori in sette anni hanno già guadagnato l’equivalente in denaro di una vendemmia in più rispetto a quanto proposto dalla parte agricola.
Lo scenario futuro che ci aspetta è quello di un momento di riflessione, in particolare per ciò che attiene l’aspetto promozione da definirsi e concordarsi, come le strategie di marketing con la parte industriale.
Contestualmente, è necessario valutare analiticamente i dati del mercato per definire al meglio i presupposti della vendemmia 2016. Questo a discapito di quanto invece sostenuto da altre organizzazione di rappresentanza del mondo moscato, che rilanciano sostanzialmente la trattenuta (in dieci anni oltre sei milioni di euro prelevati dalle tasche dei produttori di uva), servita prevalentemente a mantenere strutture che non hanno certamente inciso in modo sostanziale sull’aumento delle vendite del prodotto moscato/Asti.
All’inizio della Moscatomania i produttori storici di moscato, quasi tutti raggruppati nella Moscatellum, imbottigliavano circa 3,5 milioni di bottiglie di tappo raso.
Alla data odierna, dei quasi 30 milioni di bottiglie il tappo raso storico è rimasto fermo ai 3,5 milioni di bottiglie iniziali mentre la differenza l’hanno fatta sostanzialmente gli industriali del comparto che per scelte strategiche hanno optato sul tappo raso moscato anziché sull’Asti, garantendo così una differenziazione sia di strategie produttrive che di mercato.
Come tutti sanno, l’Asti è prevalentemente sui mercati nazionale, europeo e dell’est Europa, mentre il tappo raso è appannaggio prevalentemente del mercato nazionale, parzialmente di quello europeo e del mercato americano.
Ribadiamo come il comparto sia in salute ma necessita di nuove spinte e stabilità per affrontare la complessità di un mercato in continua evoluzione, che propone sfide di sopravvivenza a cui non è possibile replicare con gazzarre a mezzo stampa.
Questi sono aspetti qualificanti l’azione di Confagricoltura, che nell’ottica di rafforzamento del ruolo del Moscato e dei suoi produttori quali capisaldi economici del nostro territorio, ha costituito a fine 2013 un nuovo soggetto di rappresentanza allargata, Agrinsieme Moscato, e da sempre sostiene l’importanza della commissione paritetica.
Strumenti concreti per dialogare autorevoli e compatti ai tavoli di sviluppo con la parte industriale, senza mettere in secondo piano il ruolo privilegiato che deve essere ricoperto dai consorzi negli accordi di filiera e nel suo controllo.
Chi, ancora oggi, rema in direzione ostinatamente contraria e promuove un’anacronistica caccia alle streghe contro gli industriali, dimostra la sua superficiale conoscenza del mondo agricolo, ancora non sufficientemente strutturato per affrontare la trasformazione e la commercializzazione diretta del prodotto.
Affiancare alla parola moscato termini quale “disastro” o “calvario” sembrerebbe indicare la chiara volontà a frammentare e indebolire i redditi dei produttori, per ridurli sul lastrico e poi autoeleggersi a profeti di un nuovo rilancio.
Diciamo basta a questa autolesionistica strategia della paura e affrontiamo il discorso con dati concreti: le 85 milioni di bottiglie tra tappo raso e Asti Spumante rappresentano ancora oggi un traguardo economico sufficiente a garantire un degno reddito ai produttori agricoli, che possono contare anche per la prossima vendemmia – qualora il mercato non dovesse recuperare – una resa in termini economici superiore a 10.000 euro/ettaro.
I vignaioli piemontesi sono esausti di essere strumentalizzati per sterili polemiche e Confagricoltura tende una mano, ancora una volta, anche a chi dall’altra parte ha sempre risposto con un pugno.
Riportiamo al centro la rappresentanza delle imprese agricole con razionalità economica e spirito sindacale, senza dimenticare che tutti gli accordi, dal 2009 ad oggi, sono stati sottoscritti e riconosciuti – è bene sottolinearlo – da ogni componente delle organizzazioni della parte agricola e lo stesso si può dire per le determine, con pareri favorevoli al metodo blocage-deblocage di tutte le organizzazioni agricole.
Qualcuno è forse stato colto da amnesia? I verbali sono pronti a raffrescare la memoria.
Nel concreto, i produttori con le rese concordate hanno incassato 12.539 euro in più negli ultimi setti anni rispetto a quanto proposto dalla parte agricola.
Il confronto è necessario in ogni ambito della vita sociale, ma deve essere costruttivo e finalizzato ad offrire garanzie verso chi indirizza la propria fiducia a uomini capaci di rappresentare gli interessi delle aziende agricole.
I produttori non sono numeri ma persone in carne ed ossa, a cui interessa un solo dato: il risultato.
Chi non si sente più in grado di raggiungerlo è pregato di farsi da parte e lasciare spazio a chi è interessato ad offrire il proprio contributo allo sviluppo dell’agricoltura ma il cui ingresso è ostacolato da centri di potere, che per troppi anni hanno limitato lo sviluppo agricolo.
Confagricoltura Asti rinnova i più sinceri auguri per un 2016 che sia sereno e prospero, obiettivi possibili solo grazie ad una solida cabina di regia che detti un repentino cambio di rotta e traghetti il settore vitivinicolo piemontese alla conquista dei mercati in espansione e ne consolidi la posizione in quelli già affermati.
Siamo pronti a sottoscrivere questo nuovo accordo e far vincere il buon senso?»