«Siamo giunti in prossimità delle festività natalizie – interviene Giovanni Satragno, presidente di Produttori Moscato Associati – e mi pare opportuno, almeno, ringraziare chi ci ha risolto, in modo sostanziale e radicale, i problemi del comparto Moscato, chi, insomma, ha inventato una nuova ricetta per far guadagnare ai viticoltori tanti soldi! Il tempo, per fortuna, è galantuomo e, quanto prima, i nodi son venuti al pettine. Percorrendo quindici anni di storia del Moscato, partendo dal 1999 (gestione Marabese), anno in cui si fece una resa di 110 quintali/ettaro, ci fu una super-produzione rispetto alle vendite e, al 30 asgosto 2001 (periodo di riferimento per le giacenze) lo stock fu di 331 mila ettolitri. L’industria non assorbiva tutto quel quantitativo e la Produttori Moscato Associati (gestione attuale) e solo la Produttori, riuscì ad ottenere la distillazione di crisi, con un costo, per lo Stato, di 32 miliardi di lire.
Da allora e per un po’ di anni, continuò un calvario di rese basse di prodotto DOCG e, di conseguenza, tanta produzione di aromatico, ma ci eravamo presi l’impegno di produrre solamente per il mercato e di non fare più stock deleteri. Tant’è che nel percorso fu stabilita una regola di buon senso, condivisa in paritetica, di non superare (sempre al 30 agosto) il volume di 220 mila ettolitri, portato, successivamente, a 250 mila su insistente richiesta industriale e così fu fino al 2013.
Nel 2014 ci fu l’avvento di una nuova associazione di produttori, formata da CIA e Confagricoltura, chiamata Agrinsieme (esclusa la CIA di Alba). Questi signori, in modo esplicito, si sono mostrati in sostanziale sintonia con la parte industriale e, nonostante fosse opportuno una resa da disciplinare, soprattutto per motivi di qualità, hanno forzato il disciplinare con una resa di 107 quintali, più 8 di blocage.
La Produttori Moscato e Coldiretti protestarono contro tale proposta, in quanto già si capiva che il mercato fosse in flessione. La crisi del mercato russo non è iniziata l’altro ieri, la televisione ormai l’abbiamo quasi tutti, per l’occasione fu anche presentata una memoria scritta, redatta da un noto avvocato, esperto in diritto amministrativo, che, purtroppo, la Regione Piemonte non ha preso in dovuta considerazione. C’era la nostra piena consapevolezza che avremmo superato di gran lunga la soglia di salvaguardia, ovvero i 250 mila ettolitri.
Il mercato continuava a cedere, ma cioò nonostante a marzo 2015 il Consorzio di Tutela dell’Asti, fece richiesta di déblocage e la Regione Piemonte, dopo qualche cincischio, approvò anche questa “proposta”. Risultato: ulteriori 85 mila ettolitri di mosto in più riversati nelle scorte, per aver superato di gran lunga i 100 quintali di uva previsti dal disciplinare. Si giunge quindi all’anteprima-vendemmia 2015, per la quale la resa si era già stabilita, purtroppo, ma, fortunatamente l’anno precedente a 100 quintali ad ettaro. Pressante fu la richiesta di Industria e di Agrinsieme per aggiungere ai 100 previsti dall’accordo, altri 10 di blocage. Questa volta la “proposta” non è passata per la ferma opposizione di Produttori Moscato e Coldiretti che minacciarono il ricorso al TAR, in funzione del fatto che l’accordo era già stato firmato da tutti l’anno precedente.
Considerando che l’anno scorso si sono persi 8 milioni di bottiglie rispetto al 2013 e quest’anno con tutta probabilità, altre 18 milioni di bottiglie, sempre rispetto al 2013, le vendite sicuramente si attesteranno molto al di sotto degli 85 milioni di bottiglie. Ragionevolmente, si può affermare che, per soddisfare il fabbisogno dell’annata, i 90 quintali di resa, bastano ed avanzano, ma per riportare le scorte nei limiti dei 250 mila ettolitri, bisognerebbe scendere a 70 quintali ad ettaro, più 50 di aromatico, che resta pur sempre un forte concorrente dell’Asti.
Se tutto andrà per il meglio, le scorte al 30 agosto 2016, supereranno i 400 mila ettolitri. Se fosse passata la proposta di Agrinsieme (10 quintali di blocage) si sarebbe conquistato il guinnes dei primati: 500 mila ettolitri. Complimenti! Mercato inchiodato.
Quando l’industria ha la “pancia” piena, taglia i premi, in quanto non c’è più il rischio che i conferenti scappino, quindi si verifica una reale diminuzione del prezzo (non meno del 10%).
Grave danno per chi ha osservato il disciplinare e nel 2014 ha prodotto solamente 100 quintali e ora deve subire l’abbassamento di resa per l’ingordigia di altri.
Meno interesse per il Moscato ed inevitabile calo del valore dei vigneti. Gravi ripercussioni sull’economia generale dei 52 Comuni del Moscato. Poca o quasi nulla capacità contrattuale nei confronti dell’industria.
I vignaioli devono “ringraziare”, per il risultato raggiunto, i seguenti soggetti: l’industria, per l’ottima regia, il Consorzio di Tutela dell’Asti, per aver supinamente obbedito all’industria, Agrinsieme, per aver abboccato ed infine la Regione Piemonte, per esserci cascata.
Avere Agrinsieme come partner a trattare il Moscato è impossibile in quanto si è dimostrata solidale con la controparte. Agrinsieme è un po’ come “Garbuja” che, per paura di smarrire i soldi, li nascondeva nelle tasche degli altri; a spese di un comparto che meritava più rispetto, un comparto che funzionava abbastanza bene, seguendo le regole del buon senso e che ha fatto grandi investimenti. Non dimentichiamo che impiantare un ettaro di vigneto di moscato, acquistando il terreno e i diritti, costa almeno 100 mila euro e ci sono imprenditori che, su tale investimento, contavano.
Ironicamente, non ringrazio Produttori Moscato e Coldiretti, in quanto impopolari, perché chiedevano rese equilibrate, quindi, apparentemente, meno soldi.»