>> Da Cassinasco una voce a favore di Beppe Bigazzi

Giovanni Filipetti, titolare del ristorante “La Casa nel bosco” di Cassinasco, o meglio come preferisce definirsi ‘oste custode’,  interviene sul fattaccio mediatico che, recentemente,  precisamente nel corso di una puntata de “La prova del cuoco”, ha messo alla gogna il gastronomo toscano Beppe Bigazzi: “Il polverone ed il putiferio che è scaturito dopo la trasmissione di giovedì 11 febbraio nella quale Beppe Bigazzi ha affermato che un tempo, nella settimana di carnevale, vi era nella sua Toscana l’usanza di mangiare il gatto, ha dell’incredibile.

Una pioggia di critiche, di mistificazioni, di stravolgimenti che ha portato all’allontanamento del Dr. Bigazzi dalla “Prova del Cuoco”.

Che un tempo (almeno oltre 60 anni fa) i gatti anche dalle nostre parti venissero macellati è una cosa storica  o perlomeno una usanza abbastanza diffusa nelle nostre campagne. I gatti erano considerati soprattutto “mangiatori di topi”, non venivano tenuti in casa come oggi,  ai cani si forniva regolarmente cibo ai gatti no: i gatti dovevano procurarselo  da soli essendo degli innati cacciatori.

Perciò ai cacciatori i gatti non erano sempre ben visti ed erano considerati alla stregua degli animali nocivi, e spesso e volentieri, lontano dalle case abitate, ricevevano anche qualche schioppettata.
 E se poi qualche gatto ben ingrassato e dopo alcuni giorni di frollatura sotto la neve, finiva nei ravioli a Carnevale, non faceva stracciare le vesti a nessuno né si provvedeva ad attaccare manifesti, semplicemente lo si sottaceva ai commensali.

Era insomma una civiltà contadina che sapeva gestire con coerenza e buon senso il profondo e diffuso stato di miseria che accumunava tutte le zone rurali della nostra penisola.

Fare uno spaccato storico su una tradizione alimentare di quel periodo vuol dire aprire una finestra su una tradizione alimentare rurale che ci appartiene e di cui non dobbiamo vergognarci.
Semmai siamo contenti che questo non avvenga più, perché il benessere ci ha ormai esonerati da dover ricorrere a quegli estremi. Questo è quanto Beppe Bigazzi ha coraggiosamente affermato in TV.

Ma poi cosa è successo? L’affermazione è stata stravolta e, alla luce dei fatti, volutamente  mistificata; si è scatenato un vero putiferio, si sono attribuite a Bigazzi parole e cose che assolutamente non ha detto: perché?

Indubbiamente quanto successo non è stato gradito dalla potente industria del Petfood.
Oggi i gatti sono allevati in casa con cure e attenzioni che non sempre si riservano agli umani: hanno casette, corredi, cibi griffati che rendono felici gatti e possessori, veterinari con studi  super attrezzati  etc.

Insomma i gatti sono oggi un grande business e questo ha contribuito a cambiare in maniera radicale il rapporto uomo-gatto.
Si è scatenata una ribellione mediatica che ha coinvolto Deputati, Associazioni animalistiche al grido “salviamo il gatto “  “via i  gatti dai nostri menu”.
Siamo andati fuori tema: Bigazzi queste cose non le ha dette!
Il modo con cui è stato “in tronco e senza appello” allontanato dalla Rai ci lascia tutti perplessi. Sicuramente ora saremo più indifesi dalle seduzioni pubblicitarie del consumismo,  ci viene a mancare colui che ci cernierava col nostro passato.

Ma la speranza è l’ultima a morire  e noi siamo fiduciosi e ci auguriamo di poter presto rivedere  in tv Beppe Bigazzi  a continuare la sua missione di custode della tradizioni del nostro passato e, perché no, a  ritesser ancora le lodi della nostra Langa e dei suoi straordinari prodotti.

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