La Giunta della regione Piemonte, a metà dicembre, ha approvato il disegno di legge che trasforma le Comunità montane in Unioni di Comuni. E’ così, tra l’altro, che i 553 comuni montani (800mila abitanti) e i 435 dipendenti delle Comunità piemontesi si vengono a trovare in grosse incertezze.
Dopo l’approvazione del Consiglio regionale, i Comuni avranno tre mesi di tempo per decidere se dare vita a unioni o convenzione per i servizi associati. Passati i tre mesi, a partire da metà 2012 entrreranno in azione i commissari incaricati di liquidare sedi e beni. «E’ una grande opportunità – spiega l’assessore agli enti locali, Elena mercanti – per ridisegnare la geografia amministrativa del Piemonte proprio in base alle sue caratteristiche e per rispettare l’autonomia organizzativa deei nostri Comuni».
Il disegno prevede per i Comuni sotto i mille abitanti una norma per per le cosidette ‘Unioni miste’, in base alla quale, in caso di unione con Comuni sopra i mille abitanti, quello sotto i mille non perderà l’autonomia di bilancio. Per quanto riguarda le nuove aggregazioni, la Giunta regionale ha confermato il limite di 3 mila abitanti per le aree collinari e montane, ma per la gestione associata del servizio di socio-assistenza sono stati fissati limiti più ampi: 15 mila abitanti per collina e montagna e 20 mila per la pianura.
Per Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte “Si tratta di un attacco che mira a fare cassa alle spalle di quanti vivono e lavorano nelle terre alte. Las nostra è una battaglia di civiltà e legalità . Il disegno d legge prende di mira il territorio più debole».