Questa mattina, mercoledì 7 settembre, las Coldiretti di Asti ha deciso di ritirare i propri rappresentanti dai Consigli direttivi degli Ambiti Territoriali di Caccia AT1 e AT2.
La decisione è avvenuta in seguito al mancato recepimento degli Atc delle istanze del mondo agricolo, in merito alle proposte di contenimento dei danni provocati al settore dagli ungulati.
Coldiretti, concordemente con le altre organizzazioni agricole e l’amministrazione provinciale, aveva individuato nell’abolizione delle zone di caccia ai cinghiali la soluzione per ridurre i danni alle colture.
“Prendendo atto dell’immobilismo degli ATC su un problema economico importante per il settore agricolo – spiega il presidente Coldiretti Asti, Maurizio Soave – abbiamo deciso di ritirare i nostri rappresentanti nei due organismi di gestione della caccia. La situazione generale del comparto agricolo è diventata insostenibile e non più giustificabile di fronte ai nostri associati. Anche perché non si può continuare a reperire fondi per pagare i danni provocati dai cinghiali, piuttosto che pensare a come eliminare definitivamente il problema”.
In pratica, gli agricoltori astigiani non vogliono più coltivare i propri fondi per poi vedersi distruggere i raccolti dai cinghiali. Evidentemente per gli agricoltori i rimborsi parziali non sono in ogni caso sufficienti per continuare a garantire a pochi cacciatori cinghialisti di esercitare quello che dovrebbe essere un hobby, ma che in questi ultimi anni è verosimilmente diventato una fonte di reddito.
La legge sulla caccia si fonda sul mantenimento dell’equilibrio della fauna selvatica, demandando ai cacciatori la funzione di controllo della consistenza delle specie. Per contro viene concesso ai cacciatori di esercitare un hobby dando loro l’accesso ai fondi.
“L’esercizio della caccia – sottolinea Antonio Ciotta, direttore provinciale Coldiretti – diventa un diritto solo di fronte a precisi doveri. Noi abbiamo constatato che i cacciatori di cinghiali della provincia di Asti non svolgono la loro funzione. Ci aspettiamo ora che gli organi preposti non si trincerino più di fronte ad un diritto che è venuto meno. Sollecitiamo le istituzioni ad intervenire senza indugi, senza temere azioni legali da parte dei cinghialisti, per assumere un chiaro atteggiamento di difesa del mondo agricolo. L’unico diritto che sta venendo meno è proprio quello degli agricoltori di esercitare la propria attività di impresa”.