>> Nella zona del Moscato, non c’è posto per Asti

Il Comitato nazionale vini, nella seduta del 15 e 16 novembre, a Roma, non ha varato l’ampliamento della zona di origine della docg ‘Asti’ perché la votazione non ha raggiunto, per un solo voto, la maggioranza qualificata richiesta del 75%: 21 voti favorevoli e 8 contrari.

La bocciatura romana fa seguito alle altre due piemontesi: a Canelli, l’11 novembre, quando oltre 400 viticoltori, all’unisono, si sono dichiarati contro, non escludendo che si ritorni, gradatamente, a chiamare il Moscato “Moscato d’Asti di Canelli” e a Torino, il 14 novembre, quando il Comitato vitivinicolo regionale ha fatto suo il rifiuto dell’assemblea di Canelli.

La storia è già troppo lunga. Nel maggio 2008, Paolo De Casto del Ministero per le politiche agricole modificò il disciplinare di produzione dell’Asti includendo nella zona di origine l’intero territorio del Comune di Asti.
Pronta e unanime la reazione dei produttori: il decreto è un’imposizione calata dall’alto ed è stata pilotata da chi avrebbe avuto interesse all’ampliamento della zona ed, in particolare della casa vinicola Zonin, titolare di una ventina di ettari a Moscato nella tenuta Castello del Poggio, nel Comune di Asti.

E poi ancora: Asti e il Moscato d’Asti hanno una lunga storia, il Comune di Asti è mai stato incluso nella zona d’origine, a livello territoriale Asti non confina con la zona produttrice di Moscato, l’Asti è l’unica nominazione che non ha nella sua zona di origine l’unità amministrativa che dà il nome alla docg, allargare vuol dire dover fare i conti con tanti altri Comuni che sono già pronti a chiedere di entrare in zona del Moscato.

Di contro c’è chi pensa che 20 ettari di Moscato in più nulla compromettano contro i 10.000 della zona Moscato, e, ancor più, circolano voci di un possibile ricorso da parte di Zonin alla Corte giudiziaria europea, con tanti mal di pancia per tutti.
Ma un ‘passo indietro’, ‘con i piedi per terra’, sarà poi tanto lontano?

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