>> Il Comune di Canelli persegue le arbitrarie denominazioni vinicole “Canelli”

Le prime notizie sono arrivate da fonti giornalistiche e del web. Seguendo quelle prime tracce si è scoperta una lista infinita di prodotti, vini e liquori soprattutto, che mettendo in etichetta il nome della città astigiana dov’è nato il primo spumante d’Italia, sfruttano il “Canelli sound” per fare business.

È il caso, per esempio di un Vermouth bianco e rosso e di altri liquori aromatizzati che sono commercializzati soprattutto nei mercati dell’Est Europa: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania.

Su tutte le etichette il marchio di punta è proprio Canelli (ma anche imitazioni di altri marchi quali CIN CIN con evidenti riferimenti a Cinzano) che, anzi, è indicato nel sito della società di riferimento (http://www.ambra.com.pl) come un brand, cioè come un nome commerciale.

In accordo con il Consorzio di tutela dell’Asti e del Moscato ed allo scopo di verificare la liceità dell’utilizzo del nome la Giunta Comunale ha dato mandato, nei giorni scorsi, allo studio degli avvocati Gallo-Pesce di Nizza Monferrato di valutare la possibilità di procedere giudizialmente nei confronti delle ditte che utilizzano arbitrariamente il nome “Canelli”.

Dice il sindaco, Marco Gabusi: «Canelli è un nome che fa riferimento ad una sottozona del Moscato. Per questo rientra nelle denominazioni da tutelare. Vaglieremo modi e tempi per garantirci da usi non autorizzati del nome in un momento in cui il produrre italiano fa la differenza sul mercato ».

Piercarlo Merlino, consigliere delegato all’agricoltura e Flavio Scagliola, assessore all’epoca ricordano che “Già dal 2000 il Consiglio Comunale si era dotato di un apposito regolamento per la concessione del nome e del marchio Canelli solo ad associazioni senza fini di lucro, proprio allo scopo di difendere un marchio così importante”

Potrebbe essere, insomma, un primo passo per tutelare le denominazioni enologiche piemontesi. Del resto tutti ricordano ancora il braccio di ferro che costrinse i produttori friulani a togliere la dicitura Tocai dalle etichette in favore dei vignaioli ungheresi che vantavano l’origine del famoso vitigno e che vinsero nonostante la centenaria presenza dello stesso vino anche in territorio italiano.

Oggi, però, sarebbe proprio il caso di difendere da copiature e usi impropri le denominazioni italiane e piemontesi che non identificano solo prodotti, ma anche un territorio, tra l’altro candidato a diventare Patrimonio dell’Umanità.

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