Giovanni Bosco presidente del CTM (Coordinamento Terre del Moscato) scrive: «Mentre i Veneti stanno affilando le armi per la “guerra delle bollicine”, nell’Astigiano si festeggia con convegni e forum il primo sì alla versione Asti tipo Secco. Noi del C.T.M. che per natura siamo molto scettici ci siamo posti alcune domande. Tre per l’esattezza.
– Chi pagherà il conto? Per lanciare sul mercato un nuovo prodotto non bastano i convegni o i forum, ci vogliono i quattrini e tanti. Da notizie che circolano sembra che alle maggiori aziende questa di tipologia di spumante non interessi. Saranno le medie aziende a spendere in pubblicità? Queste aziende che ora spendono tantissimi euro per promuovere vini il cui costo non supera i 60 centesimi per bottiglia saranno disposti a spendere per un prodotto che costa almeno il doppio? Saranno i contadini del moscato con trattenute sull’uva a portare avanti l’iniziativa?
– Seconda domanda. Asti è un capoluogo di provincia, questo sarà mica la causa principale della crisi dell’Asti dolce?
L’Asti è l’unico prodotto in Italia che porta nella sua dicitura il nome di un capoluogo di provincia. Il capoluogo di provincia se non è preceduto dal prodotto “ammazza” il prodotto. In Italia troviamo infatti il Moscato di Cagliari, la Mela rossa di Cuneo, il Lambrusco di Modena, il Limone di Siracusa, il Panforte di Siena, il Prosciutto di Parma e tanti altri, ma mai solo il capoluogo di provincia da solo. Esisteva uno spumante Trentino il ‘Trento’, ma si sono inventati un marchio, ora è ‘Trentodoc’.
– Terza domanda. L’Astisecco sarà mica fumo negli occhi ai Contadini del Moscato in attesa del taglio delle rese per la vendemmia 2017?»