Sull’Ospedale Valle Belbo gli interrogativi dell’Osservatorio della sanità

L’Osservatorio della sanità interviene in merito alla vicenda della rescissione del contratto per la costruzione dell’ospedale Valle Belbo e dopo le dichiarazioni, apparse il 23 maggio su La Stampa, del presidente della Regione Chiamparino e dell’assessore alla Sanità Saitta, ponendo le seguenti domande, “alle quali spera venga data presto risposta: per un principio di trasparenza e per rispetto alla comunità astigiana”.

«Perché la Regione ha impiegato giorni a indicare che il contratto è stato rescisso dalla ditta Ruscalla e non dall’Asl AT?

Perché l’assessore Saitta, in prima battuta, ha dichiarato che non sapeva nulla della decisione dell’ex direttore generale dell’Asl Galante di interrompere il rapporto con la Ruscalla? Come è possibile che i suoi uffici e lui stesso non fossero al corrente della reale situazione?

Quali sono, nel merito, le ragioni che hanno portato la ditta Ruscalla a rompere il contratto?

L’assessore Saitta sa che a Nizza esiste già una Casa della salute: quando dice di volerne fare una in quello che originariamente doveva diventare l’ospedale della Valle Belbo (e in una superficie così ampia per una struttura del genere), a quali servizi nuovi pensa esattamente? Su questa idea la Regione intende confrontarsi con gli amministratori e i cittadini astigiani, anche per la localizzazione dell’edificio scelta dai Comuni di Nizza, Canelli e Calamandrana, non propriamente a portata di mano per gli utenti?

Gli astigiani da anni chiedono l’istituzione di un hospice, ipotesi che l’Asl nei mesi scorsi aveva ventilato come possibile proprio nella struttura di regione Boidi: quali sono i motivi che inducono la Regione a non perseguire questo progetto, insieme all’eventualità di dedicare parte degli spazi alla lungodegenza e alla riabilitazione?

Le vicissitudini anche economiche legate alla costruzione del fabbricato erano da tempo note anche alla Giunta Chiamparino: bene la decisione di rivolgersi alla Corte dei Conti, però perché non farlo prima? Perché muoversi dopo la rottura unilaterale dei patti da parte della ditta?

Bene anche l’impegno di accertare l’operato di tutti i soggetti (Amministrazioni Comunali, Asl, Regione, ecc.) che hanno gestito la scelta del sito, il progetto e i lavori di costruzione. Intanto, ovviamente, il cantiere è fermo e non si sa quando riaprirà. A meno che non appaia un soggetto privato interessato a terminare, con proprie risorse, i lavori e poi a gestire la struttura secondo un accordo con la Regione e l’Asl.
Di questa ipotesi sanno nulla la Regione e l’Asl AT? E comunque come la valuterebbero?»