«Sempre più intricata appare l’annosa questione dell’inserimento del territorio del Comune di Asti nella zona di produzione del Moscato d’Asti e quindi anche dell’Asti Spumante. – interviene la Cia con un comunicato – Una storia vecchia che risale alle richieste dell’azienda Castello del Poggio del gruppo Zonin per includere nella Docg una ventina di ettari coltivati a Moscato bianco nei vigneti di Portacomaro Stazione, in Comune di Asti e ad un “famigerato” decreto dell’allora Ministro De Castro che autorizzava l’inserimento richiesto.
La vicenda non solo non ha trovato una soluzione in qualche modo accettabile dalle parti in causa, ma sembra avvolgersi sempre di più su se stessa a colpi di ricorsi ai Tribunali di ogni ordine grado, ormai diventato il sistema costante per tentare di risolvere il caso, che vede schierati da una parte l’Associazione Produttori Moscato d’Asti, le organizzazioni agricole e molti tra i produttori indipendenti e dall’altra, oltre allo stesso Gruppo Zonin, il Consorzio di tutela dell’Asti e numerose industrie spumantiere. Situazione confermata all’indomani della decisione del nuovo Comitato Nazionale Vini (nel frattempo l’organismo è stato riformato con riduzione dei componenti e nuovo Statuto) che a grande maggioranza (15 voti a favore, tre contrari – quelli delle organizzazioni agricole Cia, Coldiretti e Confagricoltura – ed un astenuto) ha dato parere positivo, su richiesta del Ministero alle Politiche agricole, all’ingresso del Comune di Asti nella zona di produzione dell’Asti, autorizzando di fatto il Ministero stesso ad emanare un decreto in questo senso ed a sottoscrivere un documento di autotutela per mettersi al riparo da eventuali richieste di danni dello stesso Gruppo Zonin.
Un evento che ha nuovamente suscitato la reazione della Produttori Moscato (e dell’assessore regionale Sacchetto che da sempre ha espresso contrarietà all’allargamento della zona di produzione) che ha già annunciato una nuova impugnazione del Decreto, non appena questo sarà pubblicato. “Una situazione che rischia pericolosamente di incancrenirsi – afferma il vicepresidente nazionale della Cia Dino Scanavino – e che alla fine potrebbe danneggiare l’intero comparto senza distinguere tra chi ha ragione o torto. La Regione Piemonte aveva chiesto al Comitato nazionale Vini di non fornire per il momento alcun parere (per il 30 maggio è prevista una sentenza del Tar del Lazio sulla vicenda n.d.r.) ma il Comitato lo ha invece espresso e credo sarebbe stato senz’altro meglio se non lo avesse fatto.
A questo punto però è necessario che l’intera Filiera del Moscato dimostri di saper superare l’impasse senza far un continuo e dispendioso ricorso alle carte bollate” Qual è dunque la proposta della Confederazione italiana agricoltori? “Quella di aprire un tavolo di mediazione a cui si siedano tutti gli attori della vicenda, a patto che ognuno sia disponibile a fare un passo indietro ed a portare elementi di novità nel dibattito che devono basarsi sull’uso del buon senso e sulla consapevolezza che in questi momenti l’esigenza primaria è quella di fare gli interessi del comparto e non di spaccarlo in più di un troncone. Se continuiamo a fare a “braccio di ferro”, credo che alla fine il conto dei danni sarà ben più pesante di quello dei vantaggi”.
Quali potrebbero essere le novità da portare in discussione? “La Cia sta elaborando una sua proposta – conclude Scanavino – che renderà nota nella sede istituzionale della Commissione paritetica regionale non appena sarà convocata – ma il fatto certo è che il comparto, che oggi funziona bene ma che domani potrebbe avere qualche problema, deve uscire dalla discussione con una proposta condivisa, frutto di mediazione e di ragionevolezza, sostenuta da tutta la filiera in modo che il Ministero debba comunque prenderne atto e decidere di conseguenza”.»