>> Shel Shapiro a Santo Stefano Belbo

A volte restare al paese in un caldo venerdì di fine agosto può essere una fortuna, soprattutto quando ci si imbatte in una serata deliziosa quale quella che ci ha riservato Shel Shapiro con il suo recital Beatnix, scritto con il mai troppo rimpianto Edmondo Berselli, grande giornalista, politologo, critico televisivo, storico della musica pop, ecc.

Avevamo lasciato Shel, con i suoi Rokes, nei primi anni Settanta, per poi ritrovarlo complice di Berselli in uno dei capitoli del libro Canzoni, Storie dell’Italia leggera e nel successivo recital Sarà una bella società, anch’esso scritto da Berselli, rivelatosi un grande successo nei teatri italiani.

Beatnix, allestito presso l’anfiteatro “I mari del sud” di Santo Stefano Belbo a chiusura del Pavese Festival 2011, è filato via in due piacevolissime ore, durante le quali Shel ed i suoi due musicisti ci hanno fatto rivivere quarant’anni di vita americana, dalla Grande Depressione del ’29 agli Anni Sessanta dei Diritti Civili, attraverso poeti, romanzieri e cantanti della controcultura a stelle e strisce.

Lo spettacolo ha alternato i testi curati da Berselli a poesie di Allen Ginsberg, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti, a brani dai romanzi di William Burroughs e Jack Kerouac, e ovviamente a canzoni di Woody Guthrie, Pete Seeger, Jonny Cash, Fats Domino e Bob Dylan.

Con loro abbiamo percorso le strade polverose dell’America depressa, abbiamo preso i treni con i disperati che abbandonavano l’Oklahoma, abbiamo girato in autostop con Kerouac sulla Route 66, abbiamo ascoltato Martin Luther King enunciare il suo sogno a Washington, abbiamo prima fischiato e poi applaudito il Dylan della svolta elettrica al festival di Newport, 1967. Insomma, una gran bella cavalcata.

L’accento di Shel non  più quello che ci faceva sorridere quarant’anni fa e quando imbraccia la chitarra ed incomincia a cantare gli standard americani non si sorride, si gode e basta.
In chiusura, un’immancabile E’ la pioggia che va, uno degli inni del beat italiano dei Sessanta, caduta come il limone sulle cozze, come il cacio sui maccheroni. Applausi convinti del pubblico. (Massimo Branda)

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