Nella polemica che da tempo contrappone ristoratori professionisti astigiani e Pro loco si inserisce anche Agriturist l’associazione che, in provincia di Asti e in Piemonte, fa capo a Confagricoltura e che raggruppa gli operatori del settore dell’agriturismo.
Dall’associazione arrivano segnali precisi a chi gestisce le Pro loco che “devono tornare ai valori veri del volontariato a favore della promozione e valorizzazione del territorio e non garantire meramente reddito ai propri sodalizi, devono rinunciare alla tentazione di fare concorrenza ai professionisti della ristorazione e dell’accoglienza e attenersi strettamente alle tipicità agroalimentari dell’area dove si opera mettendo da parte mode e contaminazioni.”
Una posizione netta, confermata da Massimo Macchia, presidente di Agriturist Asti di Confagricoltura, che chiarisce: «Siamo solidali con i ristoratori astigiani che da tempo denunciano una commistione niente affatto virtuosa tra le Pro loco e la ristorazione tout-court. Un fatto è certo, un tempo questi sodalizi mettevano in campo uno, massimo due eventi annuali. Oggi si arriva anche a uno al mese. Oltretutto con prezzi più che concorrenziali e l’aiuto di volontari che certo hanno costi inferiori al personale assunto. È chiaro che il settore della ristorazione professionale ne risente. Crediamo sia il caso di pensare ad una regolamentazione del settore».
Appello ripreso anche da Fiorella Riminato, coordinatrice di Agriturist Piemonte di Confagricoltura: «I segnali di sofferenza dei ristoratori professionisti sono chiari e condivisibili. Le Pro loco devono ripensare al loro ruolo primitivo che è quello di promuovere il territorio attraverso eventi e manifestazioni che non possono ridursi sempre e comunque a grandi mangiate a basso costo, con menù quando va bene a base di piatti tipici e quando va male con wurstel e crauti che con il Piemonte proprio non hanno nulla a che fare. Un richiamo alla tipicità che estendo anche ai nostri associati: come Agriturist di Confagricoltura siamo distanti da quegli operatori agrituristici che tradiscono i dettami dell’etica professionale che impone l’uso di prodotti del territorio autoprodotti. Il resto sono sbavature che non hanno nulla a che fare con l’agriturismo vero. Ed è chiaro che la bandiera della ristorazione deve restare ai professionisti».