Venerdì 26 agosto si conclude l’undicesima edizione del Pavese Festival con una giornata ricca di eventi che si svolgerà a Santo Stefano Belbo, città natale dello scrittore.
A partire dalle 17.30 nell’elegantissima cornice del Giardino d’inverno del Relais Resort San Maurizio sarà recitato un dialogo, scritto da Franco Vaccaneo, che immagina un incontro post-mortem tra Cesare Pavese ed Ernest Hemingway i quali, nel Bar Hemingway del Relais San Maurizio, si confrontano sulle rispettive esperienze esistenziali e sul loro modo di rapportarsi con la vita e la morte, la storia e il destino. E’ anche un confronto tra due idee di letteratura innovative sul piano stilistico e tematico che hanno fatto scuola, in America come in Italia.
Hemingway sarà interpretato da Giovanni Marco Cavallarin, mentre sarà lo stesso Franco Vaccaneo a dar voce a Pavese.
Partecipa John Hemingway, nipote dello scrittore ed autore di “Strange Tribe: A Family Memoir” in cui esamina le similitudini e la complessa relazione fra suo padre Gregory Hemingway e suo nonno, premio Nobel per la letteratura, Ernest Hemingway; nello specifico si focalizza sul problema di travestitismo del padre, del suo cambiamento di sesso e del suo legame con Ernest Hemingway.
A seguire, dalle 21.30, in Piazza San Rocco, presso l’anfiteatro “I mari del sud”, andrà in scena Beatnix, un progetto artistico di Edmondo Berselli, che ne ha curato i testi, e Shel Shapiro.
Lo spettacolo, interpretato da Shel Shapiro, è una storia raccontata che cantata le tre Americhe. La prima America è il continente che conosce la Grande depressione del 1929, quando la caduta dell’economia impoverisce drammaticamente la società. Sono numerosissimi i lavoratori che devono abbandonare le città e mettersi in cammino, per cercare un pasto o una moneta. Soltanto il grande sforzo del New Deal rimetterà in moto gli Stati Uniti. In quella terra polverosa nascono i poeti e gli scrittori che negli anni Cinquanta sconvolgeranno le convenzioni letterarie, politiche e morali della seconda America, quella degli anni Cinquanta. Sono Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti, William Burroughs. Cercheranno di raccontare le strade materiali e immaginarie della loro vita. E tutti insieme si dirigeranno idealmente nella terza America: quella dei grandi raduni democratici, dove alcune generazioni si riuniscono per lottare contro la segregazione razziale, per una società più libera, per i diritti civili.
Un ragazzo di neanche vent’anni sale sul palco, e la gente ammutolisce. Si fa chiamare Bob Dylan, e canta come non ha mai cantato nessuno. Tutta l’America si mette ad ascoltarlo, perché all’improvviso sente che «la risposta è nel vento».
Per descrivere queste tre Americhe, Shel Shapiro racconta una storia collettiva, interpreta testi e poesie dei poeti dell’età del beat, le canzoni di Woody Guthrie e di Bob Dylan e di altri interpreti dell’epoca. Ciò che ne risulta è un ritratto vivace di un mondo da cui è nata la sensibilità artistica, civile e politica del nostro tempo.
Lo spettacolo è gratuito ed andrà in scena al calar del sole.