E’ stato inferto un duro colpo a un’associazione per delinquere operante in diverse regioni del territorio nazionale (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Campania) e con ramificazioni in Germania e Austria ad opera dei finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Genova, al termine dell’operazione “Sugar land”, condotta sotto la direzione del Procuratore della Repubblica di Acqui Terme, dott. Antonio Rustico e del sostituto dott.ssa Cristina Tabacchi.
Al centro delle indagini le attività criminali correlate alla gestione di un centro di confezionamento di zucchero di Nizza Monferrato (At), gestito da due fratelli, Marcello e Carlo Musso, di 58 e 52 anni, già noti alla cronache giudiziarie in quanto coinvolti, nei primi anni Novanta, nell’indagine nota come “Dolce notte” relativa all’adulterazione di vini con lo zucchero.
Le ipotesi di reato contestate dagli inquirenti vanno dalla bancarotta fraudolenta alla ricettazione, passando per la frode fiscale, l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
A seguito del blitz sono state eseguite contemporaneamente quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere, tre persone agli arresti domiciliari, tre denunciati a piede libero e ben 28 perquisizioni locali e personali.
Ad aggravare uno scenario tanto complesso, il concorso nei reati di un avvocato romano, trentottenne, e di un dottore commercialista nicese, quarantottenne, entrambi agli arresti domiciliari.
Le indagini sono iniziate a seguito di una denuncia per truffa sporta dal rappresentante genovese di un operatore commerciale tedesco, specializzato nella compravendita di zucchero, che lamentava il mancato pagamento di 150.000 euro relativo a svariate forniture a una società toscana facente capo a due dei soggetti colpiti da ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Gli approfondimenti investigativi effettuati dalle Fiamme Gialle non solo consentivano di confermare la truffa denunciata e di sbrogliare un’intricata matassa fatta di fatture per operazioni inesistenti, ditte “cartiere” e frodi di vario genere.
Gli investigatori, che hanno utilizzato tanto le tradizionali tecniche d’indagine quanto tecnologie all’avanguardia, hanno identificato i responsabili della truffa e sono pervenuti con assoluta certezza al luogo di ricettazione dello zucchero: l’opificio dei due fratelli nicesi.
Le indagini hanno rivelato anche una serie di accorgimenti volti ad arginare il grave stato d’insolvenza delle società coinvolte nella truffa, fortemente esposte verso Istituti di credito e fornitori.
Emblematico è, a tal proposito, “l’affitto d’azienda” di due società di Nizza Monferrato ad una società gestita da altri due fratelli astigiani, di 55 e 46 anni. Un affitto fittizio delle attività di confezionamento dello zucchero che sono rimaste ininterrottamente sotto il controllo di fatto dei fratelli nicesi.
Per le loro compiacenze, le manette sono scattate anche per i fratelli di Asti.
L’attenzione opportunamente rivolta alle società nicesi di confezionamento dello zucchero, dichiarate fallite dal Tribunale Civile di Acqui Terme su istanza degli sfortunati fornitori, ha consentito di accertare altri crimini: la bancarotta fraudolenta delle società ma anche la frode fiscale derivante da operazioni di acquisto di merce dall’estero, triangolate fittiziamente in Italia attraverso una società filtro napoletana,
La ‘frode carosello’ ha consentito di immettere sul mercato lo zucchero senza il pagamento dell’Iva (oltre 2 milioni di euro di imposta evasa) e di praticare prezzi assolutamente concorrenziali.
Gli investigatori hanno scoperto, infatti, che erano stati direttamente operati da Nizza Monferrato ingenti acquisti di zucchero presso una società tedesca, ma le vendite risultavano fatturate ad una società “cartiera” (inesistente, utilizzata solo per emettere fatture false), con sede a Napoli, gestita da due partenopei, di 56 e 35 anni, anch’essi tratti in arresto nel corso dell’operazione.
Attraverso l’intermediazione della società “fantasma” napoletana gli imprenditori piemontesi avevano potuto beneficiare, nell’anno 2009, di un significativo risparmio fiscale in quanto l’Iva corrisposta in fattura non veniva versata all’Erario, bensì spartita tra i correi.
Il gruppo criminale, coadiuvato dai propri consulenti legali e fiscali, avrebbe pilotato il fallimento delle società coinvolte nelle truffe, provocandone la bancarotta, per un importo di oltre 5 milioni di euro.
L’apparato contabile fraudolento ideato per celare le ‘distrazioni’ (vendite in nero di merce), consisteva, in estrema sintesi, nell’annotare fatture fittizie di vendita in favore di società “cartiere” estere e di “imprese” nazionali, che si rivelavano insolventi, ingenerando, a cascata, il dissesto economico degli opifici nicesi.
Al fine di rendere maggiormente credibili le vendite operate, nonché dimostrare l’impegno nel tentare di arginare il naufragio delle ditte, i due fratelli davano corso a simulate operazioni di cessione credito, secondo uno “schema” escogitato dai propri consulenti.
Operazioni pianificate al fine di rendere inesigibili i pagamenti delle forniture poiché assolutamente sprovviste di alcuna garanzia commerciale (ad esempio un’ipoteca di secondo grado su un capannone di Bernate Ticino, in provincia di Milano, si è dimostrata essere assolutamente inadeguata rispetto all’effettivo valore commerciale del bene).
Al vaglio degli inquirenti anche una serie di operazioni immobiliari e di compravendita di quote societarie condotte dai due fratelli mediante il ricorso a persone di fiducia: prestanome che avrebbero consentito il reinvestimento di una cospicua parte degli ingenti profitti illeciti conseguiti nel tempo.