A proposito della candidatura a Patrimonio dell’Umanità dei paesaggi vitivinicoli piemontesi, l’on. Roberto Marmo (PdL) invia, martedì 29 novembre, la seguente riflessione: «Ora che siamo in vista del responso sulla candidatura a Patrimonio dell’Umanità dei paesaggi vitivinicoli piemontesi, vorrei ricordare il ruolo trainante che ha avuto l’Astigiano, oggi accomunato alle province di Cuneo e Alessandria, al centro di un progetto che condizionerà il futuro del Piemonte.
Tutto – e sia detto senza alcun sospetto di campanilismo, ma solo per amore di verità – è partito da Canelli e dalle sua meravigliose cattedrali storiche.
Va riconosciuto merito a Oscar Bielli, allora sindaco della città dello spumante e del moscato che è anche la mia città dove anch’io sono stato primo cittadino, di avere saputo cogliere il messaggio profondo che una proposta, nata in ambito locale e poi sviluppatasi in modo transprovinciale, regionale e nazionale, avrebbe portato.
E mi preme ricordare come la Provincia di Asti, sotto la mia presidenza prima, quella della collega Maria Teresa Armosino e sempre con come assessore incaricato al Progetto Unesco, la collega Annalisa Conti, sia stata al timone di questa iniziativa fin dai primi passi, attraverso finanziamenti, progetti, forum ed eventi su tutto il territorio astigiano e favorendo e promuovendo anche sinergie virtuose con Cuneese e Alessandrino.
È un traguardo importante quello che ci attende in primavera, quando l’Unesco si esprimerà in merito alla candidatura a patrimonio dell’Umanità dei nostri paesaggi vitivinicoli.
E ha oltremodo ragione chi dichiara che parlare solo di ricadute turistico-economiche sarebbe riduttivo. Sono d’accordo, invece, con coloro che vedono questo riconoscimento non unicamente come uno strumento di rilancio territoriale, ma anche chiave per la tutela di un paesaggio verso il quale tutti siamo legati da vincoli di amore e rispetto personali e culturali.
Vero che in questi anni sono stati fatti molti errori. Vero che per decenni non ci sono state regole stringenti a garanzia dell’ambiente e del paesaggio naturale. Vero che spesso gli amministratori si sono trovati con armi spuntate a contrastare gli attacchi al territorio. Ed è vero che manca ancora una sensibilità diffusa e radicata, in primis nella stessa classe politica, verso i temi ambientali.
Ma è anche vero che oggi le cose stanno cambiando. Che sta nascendo una coscienza popolare che guarda alla natura come un bene comune. E su queste basi, ne sono certo, si costruirà un paesaggio migliore, che sia davvero patrimonio nostro e di tutta l’Umanità.
Persino al di là di qualsiasi riconoscimento ufficiale, a cui pure aspiriamo enormemente. Semplicemente perché il nostro paesaggio ne è ampiamente degno.»