>> Da Betlemme al Monferrato Gelindo “ritorna”

Nell’ambito delle manifestazioni del Premio alla tradizione piemontese, anche quest’anno, come sempre a Natale, Gelindo è ritornato, con la sua “cavagna” carica di ricordi e di speranze nella versione “a veglia” di Luciano Nattino realizzata da J’Arliquato di Castiglione d’Asti (Gelindo programma 2011).

Ritorna con le brume e l’odor di mosto, con le prime gelate e l’attesa del lieto evento.
Da molti anni lo portiamo in scena e nel cuore, insieme al bisogno di presepe, di alberi adornati. Il suo nome, come è noto, è legato al protagonista dell’inverno: il gelo, mentre la sua fama (quella del proverbio “Gelindo ritorna”) viene dal suo partire e tornare sempre indietro, tipico di chi per smemoratezza o indecisione ha sempre un’ultima raccomandazione, un’ultima cosa da dire ai suoi.

La divota cumedia del Gelindo  ha origini monferrine (ci sono testi a partire dal XVII sec.) ma la sua tradizione orale si collega al teatro medievale di tutta l’area franco piemontese, ai mistères e ai presepi viventi di francescana memoria. Del resto il mito di un Bambino solare è diffuso fin dai tempi antichi in tutto il mondo precristiano: dall’Egitto (Horus) alla Grecia (Dioniso), alla Persia (Zoroastro), legato al ciclo delle feste propiziatrici del solstizio d’inverno.
Dunque Gelindo ha parecchi secoli di storia alle spalle e sta conoscendo ai nostri giorni una nuova stagione di rinascita grazie a compagnie e operatori di varie parti del Piemonte.

La storia è quella nota, della nascita del Bambin Gesù, vista attraverso le vicende di una famiglia di contadini/pastori. La tradizione vuole che Gelindo sia il primo contadino ad arrivare alla grotta/stalla dove è nato il Bambin Gesù in quanto è lui che ha dato l’indicazione a Giuseppe e a Maria dove andare a riposare, è lui il proprietario della stalla e del bue presente sul posto (che insieme all’asinello di Giuseppe riscalderà il Divin Bambino). Nel presepe piemontese egli è infatti il primo pastore di fronte alla capanna, con l’agnello sulle spalle.

Gelindo arriva alla grotta a portare cibo, bevande, panni puliti, insieme alla sua famiglia. La moglie di Gelindo, Alinda, è la figura che, nella favola e nel presepe, presenta alla coppia di sposi un panno bianco (è il corrispettivo della Veronica nella Passione) mentre la figlia Aurelia porta le uova, il cognato Medoro porta i formaggi e il garzone Tirsi porta salamini e vino.

E in più, in molte versioni, Gelindo porta anche la musica, suonando egli stesso la piva. E’ dunque lui il primo “portatore di doni”, materiali e immateriali. Peccato che la tradizione piemontese del Gelindo sia stata negli ultimi anni dimenticata dai più e surclassata da tanti Babbo Natale imposti dalla pubblicità e dal consumismo, anche se molti volenterosi in giro per il Piemonte continuano a testimoniare l’attaccamento alla nostra bella e attualissima tradizione.

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