Nell’Astigiano calano le vendite di cibo del 6,8% in un anno

Calano le vendite del cibo e anche i discount non reggono alla crisi. Lo sostiene una ricerca annunciata e commentata sul sito www.confagricoltura.it. 

«A marzo, rispetto allo stesso mese 2013, le vendite al dettaglio di prodotti alimentari hanno segnato un calo di ben il 6,8%, a fronte dei non alimentari che diminuiscono dell’1,5%» sottolinea Confagricoltura commentando i dati Istat del commercio a dettaglio di marzo.

Un calo generalizzato delle vendite al dettaglio che ha colpito anche i discount di alimentari. Certo si spreca di meno, la spesa è più oculata, ma si fanno anche molte rinunce. Una situazione che, conclude l’analisi di Confagricoltura, si riflette sulla filiera agroalimentare e sulle imprese agricole (prezzi all’origine -3,7% ad aprile, secondo i dati Ismea) che sempre più puntano sull’esportazione.

Anche l’Astigiano ha risentito delle contrazioni di acquisti di cibo o, meglio, di un nuovo modo di fare la spesa alimentare, più oculato e attento al budget delle famiglie, come testimoniano gli agro-imprenditori Mauro Forno, con negozio macelleria ad Isola d’Asti dove vende carni che arrivano direttamente dal suo allevamento di suini; e Alessandro Fassone che con la moglie Laura Borin conduce ad Asti Agripassione, attività conserviera specializzata nella produzione di marmellate e conserve piemontesi. 

Forno sottolinea una virata netta nei consumi da parte dei suoi clienti: «Fino a qualche anno fa la gente aveva budget più sostanziosi da investire nel cibo. Oggi, per acquistare i prodotti che vendo io, dalla carne suina ai salumi, i clienti fanno più attenzione ai prezzi, a quanto hanno deciso di spendere che a volte è la metà di quanto spendevano anni fa. La cosa positiva – aggiunge Forno – è che chi spende meno vuole comunque prodotti genuini, tracciati, di cui si conosce l’origine e la provenienza, magari anche guardando negli occhi chi li produce. Insomma si spende con cautela e occulatezza, ma c’è voglia di cose buone e garantite». Forno ha osservato anche una sorta di solidarietà tra generazioni di clienti. «Mi capita spesso – spiega – di servire anziani pensionati che arrivano in negozio accompagnati da figli o nipoti. Ebbene, dopo aver fatto i propri acquisti non è raro che questi chiedano ai più giovani se desiderino qualcosa. Così chi ha una pensione, e quindi un reddito certo, aiuta in qualche modo chi, con figli o mutui a carico, arriva con fatica a fine mese».

Anche Fassone, la cui azienda abbina alla vendita al dettaglio anche quella ai negozi di alimentari, conferma un cambiamento nelle modalità di acquisto, sia da parte degli avventori che delle attività commerciali. Dice: «È vero, oggi si acquista con più oculatezza. La crisi economica ha colpito duro anche dalle nostre parti e la gente, sia per la propria famiglia sia per la propria attività commerciale, sceglie con attenzione come spendere. Quello che conforta è l’affermazione di una cultura della qualità. Chi acquista i nostri prodotti vuole cose buone e genuine, legge le etichette, chiede spiegazioni. E anche i negozianti hanno assunto questo atteggiamento».

Dunque la crisi economica delle famiglie anche nell’Astigiano è all’origine del decremento delle vendite di prodotti agroalimentari, anche se la ricerca della qualità sembra in parte arginare questo trend.