Ha rappresentato una novità assoluta, al carcere di Cuneo, il “Torneo dell’Istituto Alberghiero”, ed è stato bellissimo. Per la prima volta sono entrate tre squadre di calcio – dalle tre sedi dell’Alberghiero di Mondovì, Dronero e Barge – per giocare con la classe della sezione del carcere. Il “campetto” di ridotte dimensioni; niente “pubblico” oceanico, ma solo i “detenuti” della scuola e pochissimi altri; gli insegnanti di Cuneo ed il preside e, naturalmente, direttore, commissario, educatori e qualche ispettore ed altri agenti.
Bello: gli “insegnanti” in campo, per sostenere e “rimpolpare” le squadre insieme ai ragazzi più che diciottenni. La sede di Barge ha solo quattro anni e, lì, è stato importante avere alcuni docenti in campo. Un ragazzo di Barge, di quarta, mi ha detto: “Anche se non so giocare, sono venuto. Si doveva fare. Era troppo importante”. Anche il loro insegnante “attaccante” mi ha confermato l’impegno e l’entusiasmo per questo torneo.
Ha vinto la quadra del carcere, con una gioia indescrivibile, ma hanno vinto anche gli altri, i ragazzi, perché, certamente, sono cresciuti in maturità e solidarietà. Hanno vinto il preside prof. Linguanti, ex-volontario del carcere negli anni ’89-’90-’91, quando abbiamo preparato, privatamene ma con un corso serrato per due anni, gruppetti di ‘Brigate rosse’ per l’esame di maturità. Ha vinto il direttore, Mazzeo, che sta “vincendo” – un po’ alla volta e con fatica – le “scommesse” propostesi sin dall’inizio del suoi servizio a Cuneo. Ha vinto l’agente-arbitro, equilibrato, giusto, attento.
Più tardi, incontrandolo all’uscita dal carcere, alle 19, gli ho detto: “Li avete lasciati vincere?”. “No, proprio no. Sono stati bravi!”. Hanno vinto i dieci giovani agenti che in questi giorni, a Cuneo, stanno facendo tirocinio. Hanno vinto due neo-commissarie, che pure qui stanno completando il loro periodo di formazione. Sì, perché da Cuneo si porteranno via il “bellissimo” ricordo, come mi ha detto una di loro. Abbiamo vinto tutti: agenti, operatori, insegnanti delle varie sedi dell’Alberghiero ed anche noi che “abbiamo nel cuore” il carcere o, meglio, le persone del carcere. Ha vinto la società, perché è stata aperta una “breccia” nelle mura del carcere.
Mi è venuta in mente una frase dei resistenti, durante la dittatura di Pinochet: “Trasformare le ferite in feritoie (quelle delle mura dei vecchi castelli) per lasciar entrare la luce e far uscire l’amore”. Su persone ferite e sofferenti – i detenuti – ed anche operatori, a volte delusi e frustrati, si sono aperte feritoie. E davvero sta entrando la luce, il coraggio, la voglia di osare, ed esce l’amore, l’accoglienza, il rispetto. E stavolta è stato ancora così. Per me, il carcere si è trasformato in “comunità e famiglia”. (da AGD del 24-05-2012)