L’accordo sul Brachetto non prevede l’impegno al ritiro delle uve da parte degli industriali

Non c’è pace per il mondo del Brachetto. A vendemmia ormai cominciata resta lontana un’intesa allargata tra parte industriale e parte agricola. Il nodo da sciogliere, per quanto riguarda Confagricoltura, resta quello dell’impegno al ritiro delle uve che la parte industriale non ha intenzione di firmare.

Francesco Giaquinta, direttore di Confagricoltura Asti e esponente di Agrinsieme, commenta duramente la presa di posizione intransigente delle case vinicole. E dichiara: «Sappiamo che è stata fatta una determina dell’assessorato regionale all’Agricoltura che fissa le rese in 37 e 40 quintali/ettaro rispettivamente per il Brachetto spumante docg e per il Brachetto spumante doc. Servirà, forse, a dare una stabilità temporanea al comparto, tuttavia riteniamo assurdo e ingiustificato l’atteggiamento di chiusura della parte industria che, nonostante proposte di parte agricola che riconducevano rese di uva per ettaro in grado di soddisfare un fabbisogno dell’industria pari a quello della precedente annata (4,4 milioni di bottiglie), l’annata peggiore della storia del Brachetto, la stessa industria ha perseverato nel dire “no” all’impegno del ritiro delle uve dimostrando di non voler assumere nessun rischio di impresa. L’impegno al ritiro era un punto imprescindibile, a nostro avviso, per quel patto economico/sociale che dovrebbe essere l’accordo sul Brachetto».

Giaquinta ipotizza scenari non positivi, «per un settore – afferma – che, al contrario, ha necessità di ruoli ben definiti e concertati, con i viticoltori impegnati a produrre uva brachetto DOC e DOCG e non anonimi succedanei, e gli indutriali che di conseguenza operano scelte imprenditoriali coraggiose, impegnandosi al rilancio del comparto cercando di conquistare nuovi mercati e di consolidare i vecchi».

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