Orafo di Valenza occulta al fisco 2 milioni di euro

Con le vendite, in nero, di gioielli, a famosi calciatori di fama internazionale di squadre della serie A italiana nonché dei principali campionati europei, un orafo di Valenza è riuscito ad occultare al fisco, in pochi anni, oltre due milioni di euro.
La Compagnia della Guardia di Finanza di Valenza, nel corso di accertamenti finalizzati alla prevenzione del riciclaggio, ha individuato un pensionato che, nel periodo 2008-2013, ha versato numerosi e cospicui assegni, emessi soprattutto da noti calciatori professionisti italiani, europei e sudamericani, per poi prelevare, in contanti, i medesimi importi.

L’approfondimento di tale vicenda ha consentito alle Fiamme Gialle del reparto alessandrino, di avviare un’incisiva attività di contrasto all’evasione fiscale nei confronti di una ditta orafa della “città dell’oro”, destinataria reale dei proventi delle vendite di oggetti preziosi, mai transitati in contabilità e, conseguentemente, non dichiarati al Fisco.

Un incaricato dell’azienda, grazie alle amicizie intrattenute con alcuni giocatori, ha iniziato a frequentare gli alberghi delle località ove le maggiori squadre del campionato di serie A effettuavano i ritiri pre-stagionali. Stabilendo un rapporto fiduciario con famosi calciatori, tuttora in attività ai massimi livelli delle competizioni nazionali ed internazionali, è riuscito così a vendere importanti gioielli realizzati dalla propria ditta, inizialmente pagati con assegni intestati al pensionato e, poi, con bonifici bancari accreditati sui propri conti correnti, il tutto senza mai rilasciare alcun documento fiscale.

In tal modo, ricostruendo il volume di affari dell’ultimo quinquennio, la Compagnia di Valenza, anche grazie alle indagini finanziarie svolte, ha dimostrato come l’azienda, a fronte di esigui o modesti importi dichiarati nel periodo oggetto dei controlli, abbia omesso di contabilizzare oltre due milioni di euro.
Gli elementi reddituali emersi nel corso della verifica delle Fiamme Gialle sono stati segnalati alla competente Agenzia delle Entrate per il recupero a tassazione.

Alla ditta è stata, anche, contestata la sottrazione di imposta sul valore aggiunto pari ad oltre 200mila euro, riconducibile alle suddette vendite.