Il cav. Enrico Alessandro Cavallero, consigliere comunale di Costigliole d’Asti, interviene con un suo contributo che pubblichiamo: «Si stanno spegnendo i riflettori sull’edizione 2014 della Douja d’or, fortunata rassegna vinicola che da anni premia i migliori vini locali e nazionali con visitatori e consensi che aumentano di anno in anno. Un evento, a mio parere, secondo solo al Vinitaly e che meriterebbe di decollare verso una dimensione extra territoriale occupando gli spazi meritati anche e soprattutto per l’alta qualità dei vini proposti e per la storia della viticultura che il nostro territorio rappresenta.
In tutte le esposizioni, in Italia e negli altri paesi d’Europa e del mondo, si fa a gara per riconoscere la qualità dei vini presentati che vengono poi premiati, così come, qualche volta, anche le etichette. Si abbinano i vini ai piatti della cucina tradizionale e vengono organizzate mostre e convegni dove, colti e conosciuti relatori, ci raccontano di tutto un po’.
I paesaggi del vino di Langhe-Roero e Monferrato sono stati da poco inseriti nella World Heritage List dell’Unesco. Un bellissimo risultato che ci è stato assegnato prima che venisse riconosciuto ad altri non meno importanti e conosciuti di noi, escludendo quelli italiani; mi vengono in mente il territorio della Rioja in Spagna, la Borgogna e lo Champagne in Francia e tanti altri. Un riconoscimento di cui bisogna essere fieri, ed il merito va a chi ha creduto per primo in questo progetto e a chi lo sta continuando a sostenere.
Sono invece pochi che hanno saputo raccontare e far conoscere quelli che sono i veri artefici del successo del vino prodotto nel nostro territorio, il Moscato, oggi conosciuto in tutto il mondo soprattutto per questa produzione.
Probabilmente lo si considera di secondo piano o poco rilevante e questo, a mio avviso, è un grossissimo errore poiché non ci può essere futuro se non si dà adeguato valore alla storia, al passato e alla cultura del vino. Per questo motivo suggerisco di prendere in considerazione questo aspetto, prima che lo facciano altri e ci si trovi, ancora una volta, a rincorrere e a recriminare.
Bisognerebbe dunque calendarizzare un evento che riconosca un premio ai viticoltori pionieri dell’alta qualità che lavorano le nostre colline preservandole dall’incuria e rendendole produttive e uniche. La loro tenacia negli anni ha saputo mantenere integri i loro saperi, che oggi hanno segnato indelebilmente la storia del nostro vino, buono conosciuto e apprezzato non per il nome che porta, ma perché è prodotto nelle nostre terre.
Un premio dovuto, a giusto coronamento del riconoscimento Unesco ottenuto e meritato per chi ha scelto di coltivare vigneti d’eccellenza senza necessariamente adeguarsi alle regole dell’agricoltura moderna e alla globalizzazione dei gusti e dei mercati, spesso rinunciando anche ad incrementare i propri guadagni, imponendo il proprio marchio e la qualità dei vini sui mercati sia nazionali sia internazionali.»