L’industriale Pietro Ferrero, 48 anni a settembre, è morto, stroncato da infarto, a Città del Capo in Sudafrica, pedalando la sua sofisticata e super tecnologica bicicletta da corsa. Erano le ore 16 di lunedì 18 aprile, sulla strada che collega Città del Capo e Hout Bay. Si è accasciato improvvisamente e a nulla è servito il pronto intervento degli uomini della scorta. Era in Sudafrica col padre Michele e alcuni dirigenti della Industria dolciaria Ferrero per decidere se e dove aprire un nuovo stabilimento, il 19° del gruppo nel mondo.
Sposato dal 2003 con Luisa Strumia, aveva tre figli: Michael (4 anni), Marie Eder (3) e John (1 e mezzo).
Da 14 anni, con il fratello Giovanni, era al timone dell’azienda della Nutella, del Pochet Coffée, Rocher, Mon Cheri, Del Kinder, del Tic Tac, dell’EstaThe, del Gran Soleil…
Nato a Torino, da Michele e Maria Franca Fissolo, a 12 anni va con la famiglia a Bruxelles dove frequenta le scuole medie e superiori per poi tornare in Piemonte dove si laurea in Biologia.
A 22 anni muove i primi passi in azienda, a 34 anni assume il ruolo di amministratore delegato di un’azienda ‘globale’, ma sempre rigidamente familiare che, nell’ultimo esercizio ha fatturato 6,6 miliardi, con 653milioni di utile. Un’azienda al trentaduesimo posto nella classifica mondiale, prima in quella italiana.
Pietro Ferrero aveva ereditato dai genitori la riservatezza e l’abitudine ad “inventare, produrre e vendere”, sempre in un operoso silenzio. Con queste premesse, è facile capire cosa provano gli albesi: “E’ morto un nostro figlio – ha rilasciato il sindaco Maurizio Marello – Era gentile, discreto. La Ferrero ha sempre avuto una grande vocazione sociale per la città”.