Sulle rese e i prezzi dell’uva Moscato interviene Giovanni Bosco del CTM

In questi giorni sono iniziate le trattative per le rese ed i prezzi dell’uva Moscato vendemmia 2013. Giovanni Bosco, presidente del Consorzio Terre del Moscato, scrive: “L’euforia degli anni 2011 e 2012 ormai è soltanto un dolce ricordo. Come avevamo previsto i 115 q.li per ettaro del 2011 ed i 108 q.li per ettaro del 2012 erano una forzatura per accontentare la parte industriale. Le vendite dell’Asti Spumante, non sostenute da una capillare ed intensa pubblicità, stanno crollando su tutti i mercati mondiali. Grazie soltanto a una forte richiesta di Moscato d’Asti (25 milioni di bottiglie) quest’anno non avremo una resa di 60/70 q,li per ettaro.

Negli anni ’80-’90, come presidente del CE.P.AM, coadiuvato da alcuni piccoli produttori di Moscato d’Asti, mi battei affinché la dogc fosse riconosciuta non solo per l’Asti Spumante ma anche per il Moscato d’Asti. Il Consorzio dell’Asti spumante era contrario e solo con l’intervento del dott. Giacomo Oddero, Presidente della Camera di Commercio di Cuneo, della Coldiretti (Ravotto) e dell’Asprovit (Biestro) si riuscì ad ottenere questo importante risultato per tutta la zona di produzione.

Asti Spumante e Moscato d’Asti dogc. Per il Moscato d’Asti solo per la versione a tappo raso, per la versione spumante (Moscato d’Asti Spumante) tutte le porte rimasero chiuse. Fino agli anni ’90 le denominazioni d’origine erano tre: Asti Spumante, Moscato d’Asti e Moscato d’Asti Spumante. Si disse che la parola Moscato d’Asti Spumante avrebbe creato confusione.

La parte industriale pensava di trasformare con importanti interventi pubblicitari l’Asti in un prodotto come lo Champagne o il Prosecco. Purtroppo il tempo e soprattutto i mancati interventi pubblicitari hanno smentito le rosee previsioni. Mentre lo Champagne ed il Prosecco, pur prendendo il nome dal territorio, sono diventati simbolo di un prodotto (pochi sanno dove si trova la città di Champagne e la frazione Prosecco) per l’Asti Spumante questo non è successo. Asti continua ad essere considerata una città simbolo di un territorio e non simbolo di un prodotto. Non esistono, infatti, prodotti tipo Pinot di Champagne o Chardonnay di Prosecco mentre sul mercato troviamo il Barbera d’Asti, il Dolcetto d’Asti, la Freisa d’Asti, senza dimenticare il Moscato d’Asti.

Ben diverso sarebbe stato il risultato se la parte industriale non avesse obbedito all’imposizione del regime fascista degli anni ’30 quando volle sostituire il Canelli Spumante con l’Asti Spumante. Ma si sa in quegli anni chi non obbediva ai desideri del podestà finiva come Cesare Pavese… al confino. Urge pertanto ripristinare, prima che sia troppo tardi, il prodotto Moscato d’Asti Spumante, soprattutto in questo momento che la parola Moscato è ben accetta sui mercati mondiali (oltre un miliardo e mezzo di bottiglie vendute). Un consiglio senza rischi di… confino. Buon Moscato d’Asti… Spumante.”

 

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