Non sappiamo se sia stato troppo pessimista il presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), Francesco Zanotti, quando la mattina di giovedì 25 settembre alla Camera dei Deputati, intervenendo all’incontro “Garantire il pluralismo dell’informazione. Appello urgente al Governo e al Parlamento”, ha detto: “La stampa diocesana che rappresento, con le sue 189 testate, sta vivendo un momento veramente difficile. Si naviga a vista, senza sapere cosa accadrà domani. Quasi non ci sono più lacrime per piangere e ci domandiamo se nei confronti della stampa locale in genere, qualcuno voglia la nostra morte”. Il tono con cui ha pronunciato queste parole era accorato ma non disperato.
Il fatto di aver indetto un incontro per presentare l’appello al governo, con alcune proposte concrete, denota la volontà di opporsi a una crisi che sta toccando un po’ tutto il mondo dell’informazione: dalle reti televisive alle grandi società editoriali (Rizzoli, Mondadori, Repubblica, Stampa, Sole 24 Ore ecc.) fino alle società editrici più piccole. Se le testate giornalistiche nazionali hanno i loro canali per valutare la situazione e fare le loro proposte (la Fieg, anzitutto), per le testate a diffusione regionale e locale, la rappresentanza è affidata a strutture più snelle. Così l’incontro del 25 settembre è stato promosso da un cartello di organismi e associazioni in cui convergono oltre alla Fisc, la File (Federazione italiana liberi editori), “Alleanza delle Cooperative italiane per la cooperazione” (che fa capo a Confcooperative), “Mediacoop” (nella Legacoop), la Fnsi (sindacato giornalisti), l’Uspi (stampa periodica), fino ad “Articolo21” e altre.
I pesanti dati della crisi odierna. Questo composito mondo della stampa regionale, provinciale, locale, dei piccoli editori di libri e riviste varie, delle giovani cooperative di giornalisti che si cimentano con la comunicazione in rete e con iniziative d’avanguardia (web 2.0), un tempo magari diviso da storia, tradizione e visioni ideologiche antagoniste, oggi è invece accomunato da un destino che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di giornali e riviste dalla storia lunga e gloriosa, ma con crescenti difficoltà economiche. I dati forniti all’incontro sono allarmanti: meno 22% le vendite in edicola negli ultimi cinque anni, meno 50% la pubblicità, 3000 posti di lavoro persi nelle redazioni delle testate maggiori, 1000 in quelle dei giornali più piccoli e dei territori. “La situazione è gravissima – ha spiegato Zanotti – perché la pubblicità da sola non basta per tenere in piedi i giornali, che pure hanno sempre avuto e oggi ancora di più organici ridotti all’osso, con stipendi magri. Per questo abbiamo ideato questo incontro col quale chiediamo a Governo e Parlamento di rivedere i criteri con i quali vengono distribuiti i sempre più scarsi fondi all’editoria”.
Gli aiuti all’editoria in altri paesi Ue. Dello stesso tenore gli altri interventi. “Negli ultimi dieci anni i contributi pubblici all’editoria sono scesi da 120 a 55 milioni di euro”, ha ricordato Roberto Calari, di “Alleanza cooperative italiane”. “Così non si può proseguire. Dopo i 32 giornali che hanno chiuso negli ultimi due anni altre decine di testate locali rischiano di scomparire – ha proseguito -. Si tratta di giornali radicati nel territorio che sono un elemento essenziale della democrazia e del pluralismo dell’informazione”. “La crisi è di tutto il sistema editoriale – ha affermato Franco Siddi, segretario generale della Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi) – e oltre alla perdita dei posti di lavoro, siamo di fronte a un netto dimagrimento dell’offerta e della qualità”. Caterina Bagnardi, rappresentante della File (quotidiani locali) ha descritto i provvedimenti di sostegno all’editoria in alcuni paesi europei: l’Austria con 500mila euro a testata oltre a una quota variabile in funzione delle copie vendute; Danimarca con fondi fino a un massimo di 2 milioni di euro; la Francia con provvidenze varie; la Germania con fondi erogati dai “lander”; la Gran Bretagna senza alcun aiuto specifico e totale libertà di stampa entro la “Common Law”.
Ridurre i tagli ai giornali non-profit. La richiesta formulata da Zanotti a nome della Fisc parte dal fatto che “negli ultimi due anni abbiamo subito tagli di circa il 60% dei contributi mentre il resto dell’editoria che usufruisce dei contributi sulla legge 250/90 ha subito un taglio di circa il 30% – ha spiegato -. Quindi, per evitare di dover assistere a chiusure di testate, chiediamo che anche nei nostri confronti si porti il ‘taglio’ al 30%, così da lasciare un po’ di respiro ai giornali diocesani”. “La questione – ha aggiunto – non è una battaglia per conservare dei ‘privilegi’, anzi è esattamente il contrario: si tratta di poter usufruire di quel minimo di sostegno che permette di mantenere in vita queste voci libere”. Tre gli “appelli” che sono stati rivolti al Governo: avviare un tavolo di confronto con gli operatori del settore per definire obiettivi e strategie per una vera “riforma dell’editoria” da tempo attesa; accelerare la revisione delle norme sull’emittenza televisiva e radiofonica; provvedere con la prossima legge di stabilità a garantire le risorse adeguate agli strumenti di intervento che la legge già oggi prevede per l’editoria non-profit, cooperativa, di idee e di testimonianza (tra cui rientrano in particolare le testate diocesane). (Luigi Crimella)