Il dott. Pier Luigi Bertola, presidente CIS, di ritorno, giovedì 20 marzo, dal Gaslini di Genova dove è stata operata la piccola senegalese Aminata, di 3 anni, affetta da una grave malformazione cardiaca, per la quale si era attivato dopo averla visitata un anno fa a Dakar in Senegal, fa sapere: «Questa mattina ho assistito a tutto l’intervento che è iniziato alle 8,30 e terminato alle 15. Si è concluso bene, anche se ci sono stati momenti di paura quando il cuore doveva ripartire! Per un po’ ha battuto in modo irregolare, lasciandoci in ansia.
Immaginiamoci come si può operare il cuore di una bimba molto piccola, di circa 9kg , dalle dimensioni di un grosso uovo! I chirurghi usavano occhiali telescopici, tipo microscopio. Si è ricorso anche all’utilizzo di una protesi di vitello perché nel cuore della piccola mancavano delle valvole e c’era un’inversione di vene e di arterie impressionanti che, in mezzo a tutto quel sangue, non permetteva una chiara visione. Ad un certo punto, addirittura il cuoricino, completamente aperto, ha ripreso, anche se per poco, a battere!
Per me è stato tutto molto emozionante. Ogni tanto dovevo allontanarmi dal campo operatorio perché avevo l’esigenza di guardare fuori. Nella sala c’erano 13 persone (tutte donne, tranne il 1°chirurgo) che agivano con un tempismo ed un’efficienza eccezionali. Ora capisco perché quei migliori posti in cardiochirurgia siano stati vinti da personale femminile! Sono più brave! Il cardiochirurgo dott. Francesco Santoro che già aveva operato l’altra bimba senegalese Adjia (ora gode ottima salute!) è stato meraviglioso e non ha mai perso la calma, anche quando mi ha detto di abbassare la voce perché disturbavo parlando con l’anestesista.
I chirurghi, anche questa volta, si sono meravigliati della piccola che, con tutti quei difetti al cuore, fosse vissuta fino ai 3 anni. Evidentemente questi sfortunati bambini africani hanno una marcia in più.
Terminato l’intervento, durato sei ore, controllato il cuore con ecografia, con Francesco ci siamo allontanati dalla sala operatoria, senza alcun segno della fame.
Il sole, fuori, splendeva tranquillo. Dietro alla porta, c’era la mamma che attendeva con tanta ansia e riservatezza. Francesco le ha spiegato l’esito ed è andato in ambulatorio. Lei è scoppiata a piangere. Quanta educazione e rispetto c’è in queste popolazioni, anche nel gestire il dolore!
Sono passato, poi, a salutare il primario, dottor Zannini che conosco e che mi ha accolto con il suo gioviale sorriso! E’ lui che ha organizzato un reparto così umanizzato, attento alla sofferenza che con squisito tatto, condito sempre dal sorriso, la cosa più bella che possa dare una persona a contatto con la sofferenza. Dopo 15 minuti di conversazione, il primario voleva convincermi, ad ogni costo, a prendere parte al prossimo viaggio umanitario del CIS.
L’intervento finanziato dal CIS e dalla onlus Ana Moise di Aosta è stato reso possibile, grazie alla generosità di privati che non vogliono neppure essere nominati ed a cui va la mia più profonda riconoscenza e il grazie.
Terminati i controlli, fra circa 20 giorni, la piccola Aminata, accompagnata dalla mamma, ritornerà in Senegal (forse con una piccola sosta anche a Canelli) con la grossa probabilità di poter sopravvivere, grazie alla generosità degli italiani. In Italia grazie al tanto criticato, ma utilissimo servizio sanitario nazionale, un caso simile sarebbe stato operato nei primi mesi di vita assicurandole una vita normale. Il cuoricino di questa bimba ha dovuto lottare tre anni per non fermarsi, cosa certissima per chi non si fa operare. In Italia abbiamo molto, a volte anche troppo, perché non cerchiamo di aiutare qualcun altro a tentare di sopravvivere, anche se è già stato sfortunato a nascere con una malformazione simile e a vivere in un paese povero e ad essere lui stesso povero».