Gian Carlo Caselli parla ai lionisti di mafia ‘liquida’

CASELLIAccompagnato dalla moglie Laura e da sei guardie del corpo, il dott. Gian Carlo Caselli, magistrato in pensione dal 28 dicembre 2013, mercoledì sera 14 gennaio, al ristorante Grappolo d’Oro di Canelli, è stato calorosamente accolto da 150 soci dei Lions di Costigliole d’Asti (organizzatore della serata, presidente Idolo Castagno), Nizza-Canelli, Santo Stefano Belbo e Cortemilia.

CASELLI 2Senza giri di parole, ha premesso che il suo discorso va accolto con una certa cautela anche perché «Il tema “Dalla lupara al doppiopetto: evoluzione della mafia” può sembrare formato da due realtà antitetiche (lupara e colletto) con cui ci troviamo sempre a confrontare da tre secoli ad oggi. Latifondo, inurbamento con il conseguente capitale fino all’investimento, sono i passaggi che hanno proiettato la mafia, pur sempre legata a profonde e vecchie abitudini, nel mercato moderno.

Fino a 50 anni fa, ufficialmente, la mafia era data come inesistente. Dopo gli omicidi del generale Dalla Chiesa, di Falcone e Borsellino, lavorando sodo, con precisione, dati alla mano, sono nati nuovi pool di magistrati che hanno dato vita a maxi processi per decine di delitti e centinaia di delinquenti, fino ad arrivare alla convinzione che la mafia non è più invincibile.

Falcone e Borsellino cominciarono ad interessarsi del “centro di potere”, dell’“uso della giustizia”, dei “politici”, e non solo più dei mafiosi di strada. Dai primi mesi del 1992, per la prima volta, in Italia i mafiosi vengono seriamente condannati, senza vino e champagne nelle carceri.
La mafia che sa sempre riorganizzarsi, per vendicarsi reagisce in maniera selvaggia con le stragi (il processo è ancora in corso) che crearono notevole disorientamento».

E’ allora che Caselli chiese di lasciare Torino per Palermo, dove «Tutti insieme riuscimmo a far approvare due importanti leggi: la 41bis nei confronti dei pentiti e quella che parla della mafia come ‘organizzazione segreta’.
La legge per i pentiti risultò una strumento dirompente, tanto che a Palermo avemmo la coda di 650 ergastolani con la confisca di beni e di armi. Un colpo durissimo alla mafia che comincia a vestirsi di valori sociali ed economici, con investimenti in attività ripulite e di riciclaggio (doppiopetto, appunto). Una mafia con sempre meno sangue sulle strade e sempre più imprenditrice, in costante espansione, una “mafia liquida”, ma torbida, che penetra dappertutto».

Caselli deve chiudere il suo ragionamento. Domani mattina, presto, prenderà l’aereo per Roma, dove lo attendono per trattare, con la Coldiretti, dell’ “euromafia”, a livello alimentare. E, con il suo slancio, riprende il discorso: «Qui siamo allo sciacallaggio, sempre più in alto nei mercati, con l’emarginazione di coloro che seguono le regole».
Ma non c’è nulla che “non si possa rovesciare, che non si possa fare, cominciando con il togliere la prescrizione che non finisce mai, col ripristinare il falso in bilancio. Dobbiamo pretendere ciò che è possibile».

Come conoscere la mafia, anche locale?
«Una bella domanda! Riconoscere i mafiosi è molto difficile. Una cosa è certa, gli investimenti avvengono dove gira il denaro. “Sono brave persone, firmano regolarmente, non si vedono perché non si fanno vedere, ma si possono vedere. Ma non lasciamoci sorprendere.
“Insieme si può”. Con un lavoro di squadra, unendo gli sforzi, le attenzioni, le esperienze, le forze sociali, la magistratura, il volontariato, le sensazioni, insieme, “si può”.