Sabato 27 ottobre, a Torino e a Roma, in contemporanea, la scrittrice Maria Teresa Montanaro ha ricevuto un duplice riconoscimento in due importanti concorsi nazionali.
A Torino, per il primo posto assoluto del Premio Nazionale Arti Letterarie Metropoli di Torino e Regione Piemonte Metropoli Torino, con “E il Viaggio continua”, è stata premiata con il bellissimo trofeo del “Gufo”, d’argento, appollaiato su libro aperto e 500 euro.
La giuria del concorso era presieduta da Giuseppe Gandolfo, giornalista Mediaset. La giuria della sezione prosa inedita era composta da: Antonio Derro (docente e scrittore); Alessandra Ferraro (giornalista e scrittrice); Franca Patti (docente, scrittrice).
La motivazione: «Un racconto di una potenza emotiva straordinaria. Si legge, si assapora e il lettore non è più quello di prima, catechizzato da una lezione di vita purissima.
Proprio perché l’autrice è una paraplegica, “un astronauta che vaga nel cielo del dolore”. Ma, testardamente, rivendica il suo ruolo di donna, generatrice di una singolare maternità impalpabile, signora della sofferenza e della speranza, di viaggi oltre ogni limite, là dove si è abbacinati dalla luce misericordiosa di Dio, protezione ultima e catarticamente salvifica».
A Roma è stata premiata con la targa per il secondo posto assoluto, con il racconto “Mister A”.
Due duplici e non isolati premi che vanno ad arricchire il suo medagliere di scrittrice di racconti, poesie e opere teatrali, come “Passo e vedo 3 – Storie di ordinaria disabilità”, che, recentemente, ad Asti, ha anche interpretato.
Sovente, ti vediamo, in giro per Canelli, su una carrozzella. Come mai e da quanto tempo?
«E’ dal 1986 che giro in carrozzella. A Santo Stefano Belbo, nel novembre di 32 anni fa, ho avuto un grave incidente automobilistico stradale che si è poi rivelato una grande opportunità».
Ti sentiamo parlare sovente dell’associazione L’Arcobaleno, da te fondata. Di che si tratta?
«Intanto si tratta di un’associazione di “disabili motori per una vita Indipendente e autodeterminata”, che vuole diffondere il concetto della disabilità non tanto come disabilità quanto come persona disabile, a cui va data “voce”, considerandola come una risorsa per la società.
“L’Arcobaleno” è nata per migliorare le occasioni di inclusione sociale delle persone con disabilità motoria grave e per raccoglierne esperienze, bisogni e segnalazioni. Così abbiamo messo insieme le nostre debolezze nel tutelare i singoli aderenti».
E, soprattutto, in quali campi cercate di dare più forza per tutelare i disabili?
«Non abbiamo sufficienti informazioni sui servizi sanitari e socio-assistenziali. Gli uffici e le strutture cui ci rivolgiamo, sembrano complicarci la vita.
Da sempre i nostri problemi di mobilità sono penalizzati dalla Provincia, oprattutto, per chi vive nei centri più piccoli e più isolati.
E non va dimenticato che le nostre condizioni sanitarie, assistenziali, lavorative creano problemi e difficoltà anche per le nostre famiglie».
Usate sovente il motto “Nulla su di noi senza di noi”. Che significa?
«Che forniamo il nostro contributo affinché vengano meglio applicate le norme e le risorse, in ossequio al motto “Nulla su di noi senza di noi” che riteniamo fondamentale per i disabili che dovrebbero essere messi in grado di esercitare la loro libertà nello scegliere modi, tempi e risorse nella loro sopravvivenza fisica e nel partecipare alla vita della comunità».
Ma voi dell’Arcobaleno svolgete anche delle iniziative, delle attività?
«E non poche. Come tutelare, affiancare, informare e sensibilizzare gli altri, tutti. Preparare iniziative, progetti per una specie di “restituzione” delle spese impiegate per il benessere dei disabili con una partecipazione attiva alla gestione delle loro problematiche.
Organizzare occasioni di confronto e scambio di esperienze, per uscire dalla condizione di “invisibilità” cui, spesso, i disabili si abituano.
Ma, adesso, puoi dirci se la tua grande passione per scrivere poesie, libri, teatri continua ancora?
«Anche volentieri. Scrivo da sempre. E ottengo anche bei trofei, come gli ultimi due, quelli del “Gufo d’argento”, a Torino, la targa a Roma e quello, fresco, fresco a Lucca di sabato prossimo. Ma non solo scrivo racconti inediti, ma anche poesie e teatri come “Passo e vedo 3 – Storie di ordinaria disabilità” con l’obiettivo di diffondere il concetto che la disabilità non è un peso, ma una risorsa per la società e dare visibilità non tanto alla disabilità, ma alla persona disabile».