I 33 dipendenti della Barbero di S. Stefano da 6 mesi senza stipendio

Sono 33  i dipendenti, tra cui dodici donne, che si stanno chiedendo quale sarà il futuro della Barbero di Santo Stefano Belbo, l’azienda di trasformazione di nocciole entrata in crisi dopo la morte del proprietario, avvenuta all’inizio di maggio.

Vista la grave situazione clinica di Ezio Barbero ammalato da tempo, il tribunale di Asti aveva nominato un tutore, ma da allora l’attività dell’azienda aveva subìto una sostanziale fermata dell’attività produttiva. La morte del titolare, all’età di 68 anni, ha complicato ulteriormente le cose.

Il più grosso stabilimento di sgusciatura di nocciole d’Italia, con 650 conferenti di nocciole (compresa la Ferrero) e 50 milioni di fatturazioni, rischia di chiudere per l’incertezza venutasi a creare all’apertura del testamento da cui risulta che Barbero aveva lasciato, unica erede, la sua compagna di vita e di lavoro, Mariangela Montanaro, la quale ha accettato il lascito con beneficio d’inventario.

«La cura dell’inventario è affidata allo studio albese Pascale che sta valutando la vendita dell’azienda – hanno rilasciato Gerardo Curcio Flai Cgil e Carmela Gaito della Fiscal Cisl – A quanto ci è stato riferito ai tavoli di trattativa, sta gestendo il ripianamento della situazione debitoria per la quale il patrimonio aziendale pare vada a compensare ampiamente il debito.

Nel frattempo però, i dipendenti si trovano in un limbo senza paracadute. L’assenza di un proprietario impedisce di ipotizzare la messa in atto di qualunque ammortizzatore sociale.

E stata richiesta la Fis (fondo di integrazione salariale) – dicono i due sindacalisti – ma è stata negata dall’Inps.

Abbiamo sollecitato al legale dell’erede il ricorso presso l’istituto, ma in questo momento i lavoratori della Barbero non hanno alcun supporto al reddito. Siamo venuti a conoscenza che ci sono state alcune proposte d’affitto nell’ultimo periodo, in particolare due.

La prima fa riferimento ad imprenditori triestini, intenzionati a subentrare con un contratto di affitto quinquennale, periodo che avrebbe permesso la programmazione di investimenti in vista dell’acquisto, ma la proposta di un contratto di locazione di un solo anno ha fatto recedere gli imprenditori.

L’altra cordata è composta da imprenditori albesi, ma il tempo è nemico delle decisioni».
Le O.O.S.S. e tutti i lavoratori auspicano con forza e sperano che questa ultima trattativa con la cordata di Albesi vada a buon fine e che il lavoro riprenda al più presto con l’assunzione di tutte le lavoratrici e lavoratori.

«Sottolineamo – dicono i sindacalisti – il grande gesto di responsabilità da parte dei dipendenti dell’azienda, che stanno affrontando tutto questo lungo e tortuoso percorso di trattative e discussione senza percepire un euro di retribuzione da ormai 6 mesi, evitando fino ad oggi la possibilità di intraprendere azioni vertenziali, per altro legittime, che però avrebbero portato al fallimento, che se da un lato avrebbe permesso ai lavoratori di accedere alla NASPI (sussidio economico che avrebbe permesso di affrontare le necessità contingenti), dall’altra ci sarebbero state ripercussioni negative sia per dipendenti (non avrebbero più avuto il lavoro) che per il tessuto produttivo e sociale della provincia di Cuneo».

Nel mese di giugno, con il supporto del Sindaco Luigi Icardi sono stati convocati diversi tavoli di lavoro e trattativa per fare il punto e trovare una soluzione che ad oggi non si vede.

I sindacati per ora hanno evitato azioni di forza per non surriscaldare il clima e hanno sospeso l’intenzione di presidiare lo stabilimento, ma è necessario dare, al più presto, risposte alle 33 famiglie, in maggioranza monoreddito, che dipendono dall’attività della Barbero.