Un secolo di alluvioni, ripercorriamo le cronache locali dal 1910

UN SECOLO DI ALLUVIONI A CANELLI Nella ricorrenza del ventesimo anniversario della catastrofica alluvione di sabato 5 novembre 1994 in Valle Belbo, Vallibbt News in collaborazione con il settimanale L’Ancora, per non dimenticare, stenderà, in più puntate, la storia delle troppe alluvioni che si sono abbattute, nel diciannovesimo secolo, sulla nostra Canelli.

Nell’impresa ci aiuta Franco Sconfienza che dal suo noto museo (in verità più all’estero che a Canelli) sulle contadinerie locali, ha tirato fuori le pagine del settimanale “Corriere di Canelli” (nato nel 1907, tipografia De Nonno e Gianotti) che, al costo di 3 lire all’anno o 1,50 lire al semestre o 5 centesimi al numero, informava i canellesi delle più significative informazioni e notizie commerciali, agricole, letterarie, sportive e di cronaca.

Il 23 agosto 1910 il Corriere di Canelli usciva con un supplemento straordinario dal titolo, listato a lutto, “Il terribile ciclone di stamane. Lutto cittadino”. Un vero libro di storia cittadina tutto da recuperare e su cui riflettere.

Questo l’istruttivo, interessante, e leggibilissimo articolo, ricco di riferimenti a luoghi, strutture, aziende, case, coraggiosi salvataggi, morti, storie ormai cancellate, che a tratti l’usura del tempo rende illeggibile:

«Fin dalle prime ore di stamane, il cielo era imbronciato ed apparivano neri nuvoloni.
Circa le ore 8 ha cominciato a piovere. Era la benefica pioggia tanto attesa dalla campagna per la maturazione dell’uva. In breve tempo la pioggia si è cambiata in un diluvio; cadevano ininterrottamente i fulmini ed un vento impetuoso misero lo spavento nella cittadinanza. Sembrava fosse notte tanto il tempo era oscurato.
Si sperava che in una mezz’ora tutto fosse finito, invece, la pioggia incalzava e diventava sempre più furiosa. Le condutture non potevano più portare l’acqua, i torrenti rigurgitavano, urli pietosi provenienti da molti luoghi rendevano più spaventoso ed orribile il momento.
L’angoscia stringeva l’animo.

L’acqua proveniente dalla collina di Montariolo ha inondato la città, trasformando le vie in torrenti e le piazze in laghi. Il mercato attivissimo è stato abbandonato; i venditori ambulanti in tutta fretta hanno messa in salvo le loro mercanzie ed i banchi sono stati portati via dalla piena.
Intanto l’uragano aumentava; i fulmini cadevano più spesso, Sono rimasti colpiti la Stazione, lo stabilimento Gancia, nell’ufficio di contabilità dove gli impiegati sono fuggiti terrorizzati.
L’officina Elettrica, per precauzione, à tolta la corrente e tutti gli stabilimenti hanno interrotto il lavoro per prevenire i danni.

Ad aumentare i danni e lo strazio la grandine si è sostituita alla pioggia e cadeva con furia maledetta abbattendo alberi, comignoli, seminando maggiore terrore.
Nessuno poteva muoversi dalle case, né prestare aiuti. Le urla dei pericolanti si sentivano sempre più forti. Erano gli abitanti della nuova via Buenos Aires che sentivano venire giù dalla valle Rocchea il terribile torrente.
Era una terribile montagna d’acqua che si avanzava, che non conosceva ostacoli, il ponte del Consorzio Pianezzo è stata la prima vittima. Il ponte della ferrovia ha resistito all’urto immenso e l’acqua s’è spinta con violenza inaudita contro il successivo ponticello della via Buenos Aires. La sua luce non era sufficiente per dare il passo all’enorme massa che trasportava fieno, paglia, alberi e masserizie ed il torrente è straripato per un tratto di 600 metri. Tutta la strada si è trasformata in un gigantesco fiume.

Le abitazioni sono state invase, i muri di cinta sono crollati e l’acqua irrompendo con furia incredibile era entrata nel grande stabilimento di fusti Pavarallo Giuseppe. I numerosi operai si sono dati al salvataggio delle molte macchine, delle migliaia di fusti, ai milioni di doghe, ma erano sforzi inutili. Contemporaneamente l’acqua allagava lo stabilimento Masera per la fabbricazione delle casse d’imballaggio, le sottostanti cantine affittate alla Ditta G.B. Giovine, l’Albergo Nazionale di proprietà di Tinto Alessandro, lo stabilimento della Cooperativa Bottai, la nuova ed elegante casetta del capomastro Bielli Giuseppe e numerose casette poste al disotto del livello della strada.
Appena il ciclone ha cominciato a diminuire, giovani coraggiosi sono corsi sui luoghi più pericolanti.

Ci sono schianti orribili, crollano la casa di…., gli stabilimenti Pavarallo, Masera e quello della Cooperativa Bottai.
Il Belbo è pieno di botti, fusti di ogni grandezza, di casse, di tronchi d’albero.
Nel cortile della Cooperativa Bottai, la più minacciata, trovandosi proprio alla confluenza del Belbo con Rocchea accadono scene pietose. Il presidente Sig. Sconfienza pose in salvo la sua signora ed i bambini sul tetto. Gli operai Alciati Carlo di Giovanni e Barbero Giuseppe di 17 anni sono sorpresi nel mezzo del cortile; Alciati si salva attaccandosi ad una pianta di pesco, mentre il Barbero è trascinato dalla corrente impetuosa fin oltre 200 metri. Si è salvato per la sua meravigliosa presenza di spirito, aiutato dai bottai Cerrato Aristide e Giaccone Leone dello stabilimento Giovine Giuseppe.

Fra essi trovasi il Battistino Giovine della ditta G.B. Giovine che fu tirato in salvo sui tetti a mezzo di lenzuoli. Gli altri operai si sono salvati arrampicandosi sui tetti del limitrofo Stabilimento Pavarallo Giuseppe. Nel crollo del locale delle macchine di quest’ultimo stabilimento si lamenta la scomparsa dell’operaio Carozzo Carlo di Loazzolo, del quale fino all’ora di andare in macchina non si hanno notizie.
Corriamo sugli altri luoghi del disastro e sappiamo che si lamenta una vittima.

I coraggiosi signori Carpani Ennio, Bussi Giovanni, Castino Enea, Forte Giovanni erano sul posto. In casa Vergano Giuseppe, macellaio, abbattuta una porta, trovarono una stalla inondata…, un cavallo…. I vicini dicevano che doveva esserci il garzone ed un vitello; proseguirono le ricerche e scoprirono il vitello e poi subito il cadavere. Esso era Guarena Giovanni di anni 51 di Castagnole, padre di 2 figli, viveva diviso dalla moglie.
Nella casa attigua, tal Maggiorotto Giovanni di anni 42, di S. Marzanotto, sapendo il pericolo che correva la sua casa, abbandonato il lavoro vi si recò. Mandate le donne e i suoi quattro figli in solaio, scese al piano terreno per mettere in salvo un baule contenente i risparmi di una piccola Società fra i Bottai di cui era il depositario, ma nel mentre che recavasi nella stanza, la casa fu invasa dall’acqua e rimase preso con la mano destra nella porta che era sotto la potente spinta dell’acqua. In un momento l’acqua salì ed egli, con la mano libera, prese due sedie, vi si sottenne, riuscendo a portarsi con la bocca sotto la volta, tenendo la testa reclinata indietro. Ben tre quarti d’ora, l’infelice ha lottato con la morte, mentre le sue donne strillavano aiuto.

Appena l’acqua cominciò a decrescere fu portato sul letto. Il dottor Caligaris Enrico, il veter. Dott. Martini che erano corsi sul posto gli apprestarono le prime cure, insieme al solerte Pretore Conte Balladore-Pallieri che fu tra i primi ad accorrere sui luoghi della sventura. Aveva un principio di soffocazione e la contusione alla mano destra. I carabinieri con le guardie municipali erano anch’essi fra le tante rovine. La guardia Mariani in unione con il macchinista della nostra tipografia, Biscaldi Serafino, Milanesio Paride e Barbero Carlo di Luigi falegname, salvarono 2 donne e 3 bambini che cominciavano ad essere travolti da un torrente formatosi in una via laterale al corso Buenos Ayres. Nello stabilimento Masera rimase gravemente ferito l’operaio Saracco Luigi di Leonardo. Per il momento nessun’altra disgrazia di persone deve lamentarsi. (continua)